🤷🏻♀️ Di cosa hanno bisogno gli adolescenti?
Questa è la ventiduesima newsletter del 2024 e ci interroghiamo su esperienze, bisogni e vita. A partire da fatti che accadono tutti i giorni.
Qualche giorno fa, il migliore amico di mio figlio ha avuto un malore, è svenuto ed è caduto a terra. Non si ricordava che cosa fosse successo, come si chiamassero sua madre e suo padre e non riusciva a parlare. Pronto soccorso, codice rosso, tac, visite, ambulanze, tutto quello che si può immaginare in queste circostanze.
Io guardavo mio figlio. Quando è stato dimesso il suo amico, gli è stato accanto, l’ha curato, non l’ha lasciato un secondo solo. Sono rimasti molto colpiti: “C. è stato molto fortunato a trovare un amico così”.
Non lo dico per vantarmi di quanto eccezionali siano i miei figli, in realtà loro si lamentano che li rimprovero sempre, sono iperprotettiva e non mi va mai bene niente. 🤷🏻♀️
Da quando ci sono loro, io colgo nelle cose una profondità che non pensavo di poter vedere. Condivido le osservazioni che mi hanno seguito questi giorni:
La prima cosa che ho notato è una conferma di quanto mi colpisce nei ragazzi di adesso: fanno di tutto per scomparire agli occhi degli adulti, si ritraggono a volte con durezza, a volte con apparente remissività, ma vogliono nascondersi ai “grandi”. In ospedale mio figlio se ne stava in disparte, non voleva parlare.
L’esperienza non è determinata dal “provare” delle cose nuove, come insegniamo adesso a scuola quando sperimentiamo i lavori di gruppo, la didattica per scoperta, la gita, i laboratori. Questo glielo abbiamo insegnato e loro “provano” un po’ tutto, Tik tok, Brawl Stars, le unghie, l’alcool, il sesso, le droghe… tutto nasce da quel “Ma sì proviamo il laboratorio di ceramica, vedrai che emozione”. Non perché lo sperimentare sia negativo, ma non produce esperienza: l’esperienza vera ha a che fare con la vita, quando capisci che c’è di più in ballo, quando temi per la vita tua e di altri. L’esperienza vera ti muove, ti attacca alla vita, non te la fa perdere con uno sbadiglio. Quando c’è la vita di mezzo, ti muovi, entri in azione, fai esperienza.
Da quando ai ragazzi è vietato lavorare fino a 16 anni (peraltro con contratti di apprendistato), sono sempre più in giro a bighellonare o, in alternativa, davanti agli schermi della play o del pc. E gli adulti, noi, ci schifiamo di questi giovani senza interessi, che non si impegnano e non si appassionano a niente. E ci ripetiamo, quante volte le grandi menti di filosofi, psicologi e insegnanti partoriscono questa idea sublime, “dobbiamo appassionarli questi ragazzi”. A parte che non si possono impegnare se non nelle attività che noi abbiamo stabilito possano svolgere, esattamente per che cosa dovrebbero mettere passione?
Per quello che ho visto io, mio figlio si è sentito gratificato dall’aver fatto qualcosa per il suo amico, e la stessa cosa l’ho potuta constatare tante volte nei miei studenti: qualcosa cambia quando capiscono di poter fare qualcosa utile agli altri. Certo, se ci parli, se chiedi che cosa vogliono dalla vita, ti rispondono “soldi”: è quello che dicono tutti, è quello che diciamo anche noi, gli adulti, quelli saggi che sanno come va il mondo. Ma la verità è che i ragazzi, come tutti, hanno bisogno di sapere che quello che fanno è utile a se stessi e agli altri, che un poco migliorano la vita di tutti, e che questo è riconosciuto come valore dalla società.
Una cosa che la scuola non insegna più.
Per questo lavorare è così fondamentale: quel bisogno che Maslow metteva in cima, quel senso di autoefficacia, la possibilità di sentirsi realizzati, non si impara alla fine, si impara perché l’azione che faccio nel mondo genere un risultato positivo per me e per altre persone. Questo criterio guida tutti, anche i delinquenti (che agiscono perché ciò che fanno porta un vantaggio positivo per sé e per altri).
Se legalmente non è offerta questa possibilità, come ne faranno esperienza i nostri ragazzi?
Mi chiedo se non stiamo creando una società profondamente castrante.
Che cosa potremmo fare noi per cambiare le cose?
Pensaci mentre bevi il caffè ☕️ oggi
Simona
PS: Se vuoi testare il mio Lesson plan generator io ne sono lieta.
Mi piace tantissimo, Simo, questa tua riflessione su ciò che è 'esperienza'. Che, per molti di noi e per molte famiglie, è invece quel 'divertimento' al quale alludi tu. Per questo motivo, ad esempio, nelle mie materie, sono molto affezionata al concetto di 'esperienza mentale' (Einstein su tutti!): ciò che provi compiendola è un "afferrare la realtà". Anche se con enorme FATICA.