#34 genitori vs insegnanti
Come trasformare la vacanza in un corso di formazione non richiesto su adolescenti e genitori. Io sono Simona Sessini e questa è la trentaquattresima newsletter del 2025 de Il caffè del lunedì
Genitori e scuola: conflitto o alleanza? Una riflessione pratica su regole, responsabilità e come gestire la fragilità educativa
Uno degli aspetti più problematici della quotidianità degli insegnanti è il rapporto con i genitori. Considero per acclarata la questione, considerando l’enorme quantità di reel, battute e video satirici sulle varie piattaforme social, per non parlare delle inesauribili polemiche al riguardo.
Perché il dialogo genitori-docenti è sempre più difficile
Nelle Indicazioni nazionali del 2012 era già segnalato (a pag 4):
“In particolare, vi è un’attenuazione della capacità adulta di presidio delle regole e del senso del limite … L’intesa tra adulti non è più scontata e implica la faticosa costruzione di un’interazione tra le famiglie e la scuola, cui tocca, ciascuno con il proprio ruolo esplicitare e condividere i comuni intenti educativi”.
Tredici anni1 dopo la situazione è precipitata e il rapporto tra famiglie e scuola è, più spesso di quanto si voglia ammettere, un cumulo di macerie. E gli insegnanti lamentano di non avere gli strumenti adatti per affrontare la situazione.
Dal basso della mia poca esperienza di mamma e di insegnante, vorrei dire che gli strumenti ci sono, invece. Vi racconto che cosa ho imparato nella mia estate folle per contrastare questo loop di incomunicabilità.
Una vacanza da incubo
Ho avuto la malaugurata idea di accettare di ospitare gli amici di mio figlio (figlio 2) al mare, in Sardegna. Prima o poi, ci caschiamo tutti. Dieci giorni. Quattro adolescenti. Una adulta, io (sì, madre single/divorziata/sola orgogliosamente da tredici anni). Per fortuna, con il supporto di due nonni anzianotti ma che, come si dice al Nord, tengono botta. Ma che chiaramente non avevano la responsabilità dei sedicenni.
La trama di un film dell’orrore, insomma.
Sono atterrati, mio figlio e i suoi amici, con la tracotanza di chi vuole spaccare. Ho pensato: “Iniziamo bene…”. Tanto per non sbagliare, ho precisato da subito che ci sarebbero state alcune regole da rispettare perché appunto eravamo tutti ospiti dei miei genitori.
Alle quattro e mezzo di notte mi sono svegliata e non erano nei loro letti. In ansia, ho chiamato mio figlio, con il quale il braccio di ferro è costante e a volte debilitante, intimandogli di tornare a casa.
Il giorno dopo si sono alzati troppo tardi per mangiare: le premesse erano che loro facevano quello che volevano. Li blocco all’ingresso in scena: è vacanza per tutti e le vacanze non si passano a cucinare e pulire. Il biglietto si può cambiare in qualunque momento.
Il giorno dopo me ne combinano un’altra. Cercando pure di prendermi in giro… Io mi domando: hai il mare a due passi, una delle spiagge più belle del mondo, cavolo ci fai a dormire?
Tre regole in gioco
Mi chiama la mia amica Michi: Come va il tuo centro sociale? Chiuso un Leoncavallo, se ne apre un altro. Il desiderio di chiuderla lì non è forte, è quasi impellente. E quel manigoldo di figlio 2 si sente spalleggiato dai compari. Inaccettabile.
È come quando sei in classe e vedi che la situazione ti sfugge di mano perché le banali consuetudini del vivere civile non esistono.
Puoi urlare ma non sentono, puoi prendere provvedimenti ma poi tutto torna come prima, puoi parlare con i genitori ma il loro intervento non fa che peggiorare le cose. L’autorevolezza vola via in un soffio appena provochi la voglia di opporsi di un adolescente mediamente coglione.
Arriva in soccorso il suggerimento della saggia Silvia: dai un ultimatum.
Tre regole: si pranza alle 13, si cena alle 20, si rientra all’una. E si parla con gli altri perché dobbiamo vivere insieme (mio padre ci tiene alla convivialità). Lascio tempo di pensarci fino alla sera (i miei agguati sono sempre quando si alzano per mangiare), se le regole non sono di loro gradimento possono chiamare per cambiare il biglietto e amici come prima, avviso che informerò i loro genitori di questa comunicazione. E così faccio.
I genitori mi chiedono se devono intervenire, io non ne ho idea, gli suggerisco di valutare da sé: loro sono lontani, io ne ho la responsabilità, li devo informare. Una palese deformazione da docente: informare i genitori senza sapere bene che cosa possano fare perché “i genitori sono loro”.
Il trio accetta. Iniziano a rispettare gli orari. E anche a dialogare con gli adulti, nonni, amici vari.
In realtà, sto aspettando di vedere la prossima stronzata che faranno.
E arriva anche quella. Li porto in città e li lascio liberi di visitare il centro di Cagliari. Mi chiedono di andare in una zona particolare, glielo vieto. Vanno lì.
Quando uno (non mio figlio) mi alza le spalle e sbuffa, mentre gli faccio osservare che non sa chi c’è dietro la macchina, la casa, la faccia che incontra perché non tutto il mondo è paese, mi parte l’occhiata assassina seguita da parole furiose.
Mia sorella dice che dentro di me alberga una afroamericana del Bronx. L’abbiamo chiamata Cristal. Cristal era pronta alla guerra.
Non perdo tempo e affronto la discussione feroce con figlio 2: se io dico di no perché penso sia pericolosa una cosa, loro mi ascoltano. Punto. Possono pensare che sia esagerata, fuori di testa, iperprotettiva, tutto quello che vogliono: la responsabilità è mia nei confronti dei suoi amici e dei loro genitori. Il giorno dopo informo i genitori, spiegando che non posso assumermi la responsabilità di questi ragazzi se non mi danno retta. È come a scuola: ci sono quelli che ti fanno cascare le braccia e si chiamano i genitori, ma non serve a niente.
Cristal protesta che vuole rispedirli indietro. Ma io sono la mamma di uno dei tre. Non posso attribuire tutto il peso del fallimento della vacanza solo agli altri due. Figlio 2 mi sta sfidando2.
L’errore nascosto
Invece accade una cosa.
Cadiamo nel pensiero: ma insomma mica è un problema mio! Colpa dei genitori disinteressanti, invadenti, iperprotettivi, etc! Che ci pensino loro! E con animo pacificato (per quanto possibile), ce ne laviamo le mani. Abbandoniamo il campo.
Allo stesso tempo i genitori (e lo so perché sono una di loro) si sentono giudicati e sconfitti perché il loro figliolo non è come nel loro iper uranio era stato concepito: modello di virtù, καλὸς κἀγαθός che Achille scansate!, orgoglio di mamma e papà. Aggiungo che presupporre che i figli imperfetti provengano da famiglie disfunzionali è una bieca fantasia. Nella maggior parte dei casi, sono tutti ragazzi con famiglie normalissime.
Noi adulti diciamo che “questi ragazzi ci fanno disperare”. Lo diciamo come genitori e lo diciamo come docenti. In questo modo esprimiamo un’emozione di impotenza, di frustrazione, di delusione che ci causano gli adolescenti. È così che ci sentiamo. È quello che mi ha scritto una delle mamme che ho contattato. Così ho capito.
Questa frase “questi ragazzi ci fanno disperare” contiene un errore: per un essere umano è letteralmente impossibile creare un’emozione in un altro essere umano. È una frase che dice che non mi sto assumendo la responsabilità di esperienze che potrei controllare.
LamiaTitti, bionda e fidata presenza della mia adolescenza, mi sussurra mentre entra in auto: Non puoi controllare tutto, Simo.
Tutto no, ma qualcosa sì. Non posso pensare che i genitori da lontano possano fare qualcosa che evidentemente non riescono a fare quando sono vicini. Così come a scuola, coerenza vuole che se non ritengo che i genitori possano disquisire sul mio operato, non posso pretendere che dall’esterno possano cambiare lo stare in classe. Ai miei studenti preciso che non mi interessa come si comportano quando sono fuori o con i loro genitori: quando sono sotto la mia responsabilità, rispondono a me.
Che cosa posso fare dunque? Questa sfida non si gioca su chi riesce a spuntarla. Non è una dimostrazione di forza. Posso effettivamente tenere duro. Le regole sono chiare, non sono impossibili da rispettare e in effetti i ragazzi riescono a mantenerle. Quindi tengo la rotta.
5 mosse per insegnanti che vogliono “farcela”
Alla fine il mio piccolo centro sociale decolla: anche se non tutto fila liscio come vorrei, i ragazzi si trattengono a parlare in tavola con noi e con altri amici (le tavolate dell’estate sono un must), rientrano all’ora stabilita, si mettono a fare la pasta con santa nonna e aiutano Patriarca a spaccare la legna per arrostire.
Settembre è alle porte e una lezione la porto a casa.
Quando da docenti parliamo con i genitori, potremmo ricordarci che:
anche noi docenti siamo genitori di figli con le stesse difficoltà dei nostri studenti,
un supporto da altri adulti ci può essere d’aiuto,
“non fare questo, non fare quello”, divieti e punizioni fanno solo perdere tempo,
dare poche regole che siano in grado di rispettare (arrivare puntuali a scuola, scrivere le parole più importanti di una spiegazione, fare un compito…),
IMPORTANTE: quando gli studenti sono con noi in quel momento, non possiamo invocare l’aiuto dei genitori che in quel momento non ci sono.
Come ricostruire la fiducia genitori-figli
Mi ha sempre colpito la sfiducia dei genitori nei confronti dei figli. E non c’è niente di peggio per un figlio che sentire di avere deluso i propri genitori: come potrà mai migliorare? La cosa migliore che possiamo fare è aiutare a ricostruire il rapporto tra di loro, perché è fondamentale per la crescita dei nostri sgarruppati poggiare nella relazione con i genitori.
Diventa possibile quando ci assumiamo la responsabilità delle esperienze che possiamo controllare. Come insegnanti, a scuola, nelle nostre ore.
Gli strumenti che ci servono:
poche regole evitando il “non” che le trasforma in divieto,
la convinzione che l’adolescente perfetto non esiste,
l’esercizio del dubbio su quanto dicono/lasciano trasparire/possiamo pensare sui genitori.
Vale anche per i genitori: non possiamo controllare tutto, ma neanche abdicare alla responsabilità delle esperienze che possiamo controllare.
Le esperienze, non le persone.
Buon caffè ☕
Simona
PS: Se questa newsletter ti ha dato degli spunti, condividila con un collega che potrebbe trovarla utile. E se non sei ancora iscritto, che aspetti? Ogni settimana riflessioni pratiche per docenti che vogliono fare la differenza.
Analisi recenti evidenziano problemi di fiducia reciproca: molti genitori mostrano sfiducia verso la scuola, percepita spesso come incapace di far fronte alle nuove esigenze dei figli. Dal canto loro, molti docenti lamentano di aver perso autorevolezza agli occhi degli studenti e delle famiglie, sentendosi meno rispettati nel proprio ruolo professionale. Nel migliore dei casi ci sono degli insegnanti (troppo pochi, ma ci sono) che cercano di ricucire gli strappi e le incomprensioni. Eppure, ad un certo punto, si deve ammettere che è sfiancante. Generalizzando gli insegnanti tendono a catalogare i genitori in categorie (disinteressati, invadenti, iperprotettivi, ecc.), dall’altro lato, i genitori vedono la scuola come un’istituzione poco attenta ai bisogni individuali o temono che gli insegnanti non siano abbastanza competenti/empatici. Negli ultimi decenni, con la diffusione dell’istruzione di massa, molti genitori si sentono alla pari degli insegnanti nel giudicare questioni educative, mettendo in discussione decisioni didattiche o disciplinari che un tempo non venivano contestate. I casi estremi di aggressività hanno trovato eco nella cronaca: non di rado si leggono notizie di insegnanti insultati o persino aggrediti fisicamente da genitori infuriati per un brutto voto o un rimprovero al figlio. I dati ufficiali confermano il fenomeno: secondo la Polizia di Stato, in un solo anno (1º gennaio 2023 – fine febbraio 2024) si sono verificati 133 episodi di aggressione fisica denunciati all’interno di scuole secondarie superiori italiane ai danni di insegnanti (casi in cui i docenti sono dovuti ricorrere a cure mediche). Di questi, ben 70 episodi (oltre la metà) sono stati commessi da studenti stessi, ma ciò che colpisce è che i restanti casi – quasi altrettanti – vedono come aggressori dei genitori. Si tratta di genitori che, incapaci di accettare un richiamo disciplinare o una valutazione negativa al figlio, hanno reagito con violenza verbale e talvolta fisica verso docenti o dirigenti. Autorità e istituzioni scolastiche considerano la situazione tanto grave da aver preso provvedimenti: nel 2024 è stato varato un inasprimento delle sanzioni penali per chi aggredisce il personale scolastico e istituito un Osservatorio nazionale sulla sicurezza di docenti e presidi, oltre a una Giornata nazionale contro la violenza a scuola.
La sfida è proseguita la sera. Mi hanno dichiarato l’intenzione di trascorrere la notte spiaggia. Glielo avevo proposto io. Li ho guardati e ho osservato che non erano attrezzati. Secondo loro non era un problema. Ho deciso che fare i conti con la natura poteva essere istruttivo. Infatti si erano messi in testa di fare la stradina sterrata strettissima e buia, buia come può esserlo un cielo senza stelle, che costeggia le scogliere e le baie, una antica strada romana, ormai dissestata, che porta alla spiaggia di Chia. Si sono persi, sono finiti tra i rovi, sono finalmente tornati indietro pieni di graffi e tagli ovunque. Le mie aspettative non sono state deluse.




