Grade grubbing
Questa è la quarantaseiesima newsletter del 2024. Ci interroghiamo sui comportamenti legati alla negoziazione del "voto" a scuola, sulle ambizioni della GenZ e su come potrebbe cambiare il lavoro...
Il voto: diritto o merito?
Al termine dell’interrogazione, puntualmente pongo una domanda: che valutazione ti daresti? In genere i miei studenti fanno molta difficoltà, li aiuto con i criteri, incalzo con le domande: che cosa potresti migliorare?
Si potrebbe pensare che generosamente voglio insegnare la capacità di autovalutazione e di fare autocritica in modo produttivo. Ed è sicuramente vero. Ma sopratutto voglio combattere una dilagante e perversa abitudine di questi ultimi anni: negoziare voti più alti.
Nonostante l’abitudine a dedicare del tempo all’autovalutazione (ragionata) come deterrente a richieste irragionevoli, la tendenza degli studenti a pretendere di più in termini di valutazione senza alcuna motivazione accademica a supporto imperversa.
In America la chiamano grade grubbing. E come spesso capita, se in Italia non ci sono altro che dati empirici, nel mondo a stelle e a strisce ogni fenomeno è indagato accuratamente. Il che permette anche di avere una chiara visione del problema e delle sue conseguenze.
Grade grubbing e GenZ
Un recente studio condotto da intelligent.com, una piattaforma di consulenza su istruzione e carriera, su 228 docenti americani ha rivelato un fenomeno sempre più diffuso tra gli studenti della Generazione Z: il grade grubbing, ovvero la tendenza a chiedere di cambiare i voti ricevuti, percependoli come inadeguati rispetto alle proprie aspettative.
Diane Gayeski, docente di Comunicazione strategica all’Ithaca College e consulente per l’istruzione, sostiene che: “A quanto pare, aneddoticamente, sembra esserci un aumento nella frequenza con cui gli studenti cercano di negoziare voti più alti”.
Secondo i dati, il 44% dei docenti intervistati ha dichiarato che gli studenti chiedono spesso voti più alti di quelli realmente meritati, e l'82% ammette di cedere a tali richieste. Sebbene la ricerca sia stata condotta negli Stati Uniti, è facile riconoscere segnali simili anche nelle nostre scuole, dove la pressione per ottenere valutazioni elevate sembra prevalere sempre più sull'attenzione all'apprendimento.
«Anche se al momento non ci sono molte ricerche su questo fenomeno, in uno studio su studenti universitari che si preparano a carriere nel campo della medicina, ‘oltre un quarto dei partecipanti ha dichiarato di aver intrapreso interazioni focalizzate sui voti… Di questi, il 71% è riuscito a negoziare con successo un voto più alto’», spiega Gayeski.
Viene da chiedersi se la ricerca di buoni voti abbia sostituito l’apprendimento…
Uno degli elementi chiave emersi dallo studio è il Grade-Focused Interactions Continuum (GEC), un modello che classifica il comportamento degli studenti in quattro categorie principali:
Neutrals (Neutrali): non discutono dei voti, concentrandosi sull'apprendimento.
Enquirers (Indagatori): cercano feedback costruttivi su come migliorare, mantenendo un approccio positivo.
Challengers (Contestatori): mettono in discussione criteri di valutazione e giudizi per ottenere modifiche al voto.
Grubbers (Insistenti): richiedono voti più alti senza alcuna giustificazione accademica, focalizzandosi esclusivamente sul risultato.
L'idea centrale è che il tipo di interazione influenza il potenziale di apprendimento.

Le interazioni sul lato sinistro del continuum, rappresentate dai Neutrals e dagli Enquirers, hanno un maggiore potenziale educativo. Gli studenti che rientrano in queste categorie tendono a mantenere un focus sull'apprendimento piuttosto che sui voti: i Neutrals non discutono dei voti con gli insegnanti, mantenendo le interazioni orientate esclusivamente al processo di apprendimento, mentre gli Enquirers chiedono chiarimenti costruttivi sugli aspetti accademici e su come migliorare le proprie performance, mostrando un approccio proattivo e positivo. Al contrario, le interazioni sul lato destro del continuum, rappresentate dai Challengers e dai Grubbers, rischiano di compromettere il processo di apprendimento poiché si concentrano quasi esclusivamente sul miglioramento del voto piuttosto che sulla comprensione e sulla crescita personale. I Challengers discutono con l’insegnante per ottenere una modifica del voto, mettendo in discussione criteri o valutazioni, mentre i Grubbers richiedono voti più alti senza giustificazioni accademiche, focalizzandosi su obiettivi superficiali e non educativi.
Le conseguenze del grade grubbing
Nella maggior parte dei casi, la pretesa ingiustificata si basa su una forma di ricatto emotivo. Gli studenti chiedono di cambiare i voti con spiegazioni del tipo:
un voto basso rovina la media (“Prof, se non ho la media non posso chiedere la borsa di studio”),
il voto dell'insegnante è influenzato da pregiudizi (“Prof, ma perché a lei/lui ha messo la sufficienza se ha fatto come me?”),
i genitori si arrabbiano (“Prof, adesso chi la sente mia madre/mio padre/mio nonno/mia zia….”),
erano/sono malati o stanchi (“Prof, non ho dormito stanotte/avevo la febbre alta due giorni fa”),
il compito e/o la domanda non erano chiari, non sono stati spiegati adeguatamente (“Prof, ma non si capisce niente, il libro dice un’altra cosa”),
oppure, il mio preferito: lo studio matto e disperatissimo non ha portato il risultato sperato ma lui/lei si è impegnato tantissimo (“Prof, ma io ho studiato tutto il giorno ieri!”).
8 insegnanti su 10 accettano di cambiare il voto: i motivi sono ritenere che lo studente meritasse una seconda possibilità (73%), di provare compassione per lo studente (33%) e di temere conseguenze per non aver cambiato i voti (19%).
Secondo Gayeski “alcuni professori pensano che, se presentano il loro sistema di valutazione come un’opportunità per guadagnare punti piuttosto che per perderli, gli studenti potrebbero percepire i loro voti in modo diverso”.
Non alzare un voto, d’altro canto, può avere ripercussioni significative per gli insegnanti: il 38% dei docenti intervistati ha subito molestie dagli studenti, il 33% dai genitori, il 30% è stato criticato dai superiori e il 7% ha addirittura perso il posto di lavoro. Questi dati riflettono una crescente pressione sull’autorità del docente, sempre più esposta al giudizio delle famiglie e delle istituzioni.
Probabilmente uno dei motivi per cui la Gen Z è più difficile da gestire delle generazioni precedenti.
Dalla scuola al lavoro
Il grade grubbing sembra riflettere un tratto caratteristico della Generazione Z: una forte convinzione di avere diritto a ottenere ciò che desiderano. Questo atteggiamento si ritrova anche nel mondo del lavoro: molte aziende segnalano difficoltà nel gestire i neolaureati, ritenendo che siano completamente impreparati al mondo del lavoro e attribuendo questa mancanza a scarse competenze comunicative e a una debole etica del lavoro.
Secondo un’altra ricerca:
Il 75% delle aziende ritiene alcuni neolaureati insoddisfacenti.
6 aziende su 10 hanno licenziato un neolaureato assunto quest'anno.
Il 57% dei datori di lavoro riferisce richieste di stipendio irragionevolmente alte da parte di neolaureati.
Allo stesso tempo, molti giovani lavoratori cercano un migliore equilibrio tra vita e lavoro (work-life balance). La Gen Z si aspetta un supporto continuo dai superiori e preferisce il lavoro in presenza.
Il ritratto delle nuove generazioni che viene tratteggiato in queste ricerche non è incoraggiante: i giovani della Gen Z
pensano di “avere diritto”,
si offendono molto facilmente,
non riescono a gestire il carico di lavoro,
arrivano in ritardo in ufficio e alle riunioni,
non si vestono in modo professionale,
usano un linguaggio non appropriato,
sono difficili da gestire,
consegnano i lavori in ritardo.
L’ideale del work-life balance
I giovani della Gen Z sono figli della mia generazione, la Generazione X.

I miei figli, ma anche i miei studenti, rimproverano noi adulti di accettare stipendi troppo bassi per la qualità del lavoro che svolgiamo e di dedicare troppo tempo, e soprattutto troppe energie, al lavoro, sacrificando lo spazio dedicato agli affetti.
Quindi dichiarano un ideale di vita adulta diverso, in cui il tempo dedicato alla produttività sia armonizzato con quello dedicato alla sfera privata: il work-live balance.
Tuttavia il dilemma dell’impiegato (Leith, 1995) è sempre attuale: per avere un buon tenore di vita bisogna guadagnare un buon salario ma per guadagnare un buon salario non puoi avere una vita. Come bilanciare ambizioni professionali con il desiderio di mantenere una vita equilibrata e significativa?
Il dilemma di Leith pone, a mio avviso, interrogativi più profondi: qual è il vero scopo del lavoro? La felicità dipende davvero dal tenore di vita o piuttosto dalla qualità del tempo e delle relazioni? Che cosa voglio ottenere dal mio lavoro?
I giovani affermano che il lavoro dovrebbe permettere di realizzarsi senza compromettere la propria salute. Lo sento spesso anche dai miei studenti, che alla domanda su cosa vogliono fare dopo la scuola rispondono: “Prof, va bene qualsiasi cosa, purché si guadagni.”
Il lavoro secondo MrBeast
Un esempio emblematico delle contraddizioni della Generazione Z è Stephen Jimmy Donaldson, alias MrBeast.
Classe 1998 (Gen Z), cresciuto a Greenville, Carolina del Nord, ha iniziato la sua carriera su YouTube all'età di 13 anni con il nome MrBeast6000. È diventato virale pubblicando un video in cui contava fino a 100000 nella sua cameretta. Il suo canale principale su YouTube ha accumulato oltre 320 milioni di iscritti, rendendolo il canale più seguito al mondo da giugno 2024.
E ha anche scritto un piccolo stupido libro.
Si tratta di un documento ad uso interno per tutti coloro che lavorano nella sua azienda, un’azienda cresciuta in modo assolutamente spontaneo, senza seguire le regole del management tradizionale, facendo quello che sembrava giusto fare per ottenere il miglior risultato possibile. Il documento, scritto con un linguaggio diretto e sgrammaticato, è molto interessante (e anche un po’ terrificante).
Potrebbe rappresentare la realizzazione del lavoro secondo la Gen Z. Il modo di lavorare del futuro. Il punto 0 della cultura che sarà.
Ciao, sono Jimmy (MrBeast) e, poiché il team sta crescendo, non riesco più a trascorrere tanto tempo con tutti come facevo prima. I primi dodici dipendenti avevano accesso diretto e illimitato a me per apprendere il più possibile sulla mia visione e su ciò che desideravo. Purtroppo, voi non avete questo privilegio. Quindi, ho pensato che sarebbe utile riversare il più possibile in questo piccolo libro per aiutare i nuovi arrivati a mettersi al passo con tutto ciò che abbiamo imparato nell'ultimo decennio con questo canale. Abbiamo affrontato molte situazioni e, probabilmente, la maggior parte dei problemi che incontrerete li abbiamo già affrontati. Credo sinceramente che, se leggerete attentamente e comprenderete le informazioni qui presenti, sarete molto più preparati per avere successo. Quindi, se leggerete questo libro e supererete un quiz, vi darò 1.000 dollari. Mi scuso in anticipo per le frasi lunghe e gli errori grammaticali; sono uno youtuber, non un autore, haha.
L’obiettivo principale di MrBeast Productions è creare i video migliori per YouTube, non necessariamente i più divertenti o ben realizzati. L'importante è catturare l’attenzione del pubblico, usando ogni mezzo possibile. Ad esempio, 50 ore immersi nel ketchup sono molto più interessanti di 50 ore passate in un giardino.
Non conta il valore o il significato dei contenuti, l’unica cosa che ha importanza è agganciare il pubblico e ingraziarsi l’algoritmo, né che i video siano girati seguendo regole precise, perché non si sta lavorando per Hollywood (e sì, per un insegnante queste idee possono suonare terribili: fare cose senza senso e pure male 🥶).
Se vuoi avere successo su YouTube, devi vivere YouTube: dimentica Hollywood, Netflix o qualsiasi altro modello.
MrBeast dà grande importanza alla creatività, sia nei contenuti che nella gestione dei costi. La creatività è vista come una valida alternativa al denaro per rendere i video unici e memorabili senza sforare il budget. Ad esempio, preferisce offrire premi insoliti, come una “fornitura di Doritos per un anno”, invece di grandi somme di denaro.
Inoltre, per MrBeast è fondamentale che nei video nulla sia “finto”: tutto deve essere autentico, evitando azioni che potrebbero danneggiare l’immagine del brand. È essenziale puntare sul “wow factor”, cioè fare qualcosa di unico che nessun altro Youtuber possa replicare. Anche se a volte questo approccio può non essere il migliore dal punto di vista dei dati, è considerato cruciale per creare un legame forte con gli spettatori e costruire un marchio indimenticabile.
La comunicazione nel team è un altro elemento chiave. MrBeast critica l’uso delle email e preferisce la comunicazione diretta e visiva, come video o incontri faccia a faccia.
In poche pagine, MrBeast riassume le regole per i contenuti che funzionano bene su YouTube: quelli, per intenderci, che tengono agganciati i nostri figli e i nostri studenti. Mentre noi spieghiamo.
Due sono le direttive fondamentali:
La quantità di ore che lavori è irrilevante
Prima di arrabbiarti, ricorda la storia di James che ha risolto un problema in 30 minuti che un team di 5 persone non era riuscito a risolvere in una settimana. In quel caso, importa davvero quante ore hanno lavorato? Ovviamente vogliamo persone che si dedichino con passione e lavorino tante ore, e amiamo profondamente chi lo fa. Ma alla fine della giornata sarai giudicato sui risultati, non sulle ore. Siamo un’azienda basata sui risultati. Fai quello che devi fare e sposta il traguardo!
In un altro passo altrettanto sconvolgente, MrBeast scrive:
Voglio solo “A-Players”
Mentre scrivo questo, mi rendo conto che forse non è il massimo classificare tutti in 3 categorie, ma è così che credo dovremmo guardare ogni membro del team di produzione. Sei un A-Player, un B-Player o un C-Player. In questa azienda c’è spazio solo per gli A-Players. Gli A-Players sono ossessionati, imparano dagli errori, sono allenabili, intelligenti, non trovano scuse, credono in YouTube, vedono il valore di questa azienda e sono i migliori al mondo nel loro lavoro. I B-Players sono nuove persone che devono essere formate per diventare A-Players, mentre i C-Players sono semplici impiegati mediocri. Non fanno schifo, ma non sono eccezionali in ciò che fanno. Esistono, fanno il minimo indispensabile e ricevono lo stipendio. Non sono ossessionati e non imparano. I C-Players sono velenosi e dovrebbero essere trasferiti in un’altra azienda IMMEDIATAMENTE. (Va bene, diamo a tutti una buonuscita, staranno bene).
L’unica cosa che importa è il risultato, l’unico modo sensato per fare le cose. Perciò solo i “migliori” restano. Questo puntare al talento sopra ogni cosa è una tendenza che si diffonde nelle aziende emergenti: da Netflix a OpenAI (l’azienda di ChatGPT), si cercano le energie e le competenze più brillanti sul mercato.
Ma il talento in queste 30 pagine è considerato la capacità di raggiungere un risultato (discutibile) quantificabile (ci sono degli indicatori per misurare la visibilità e l’engagement del pubblico) con il minimo sforzo ma con qualunque mezzo.
Qui il termine “talento” non si riferisce a una qualità artistica, etica o creativa, ma esclusivamente alla capacità di ottenere un risultato concreto, misurabile e tangibile. Non c’è un apprendimento reale di significati, una crescita personale, una riflessione, neanche una pennellata di estetica, figuriamoci valori etici o deontologici. Manca una visione che vada oltre il raggiungimento di risultati numerici e che consideri il processo creativo come un’occasione per trasmettere valori, creare connessioni autentiche e lasciare un impatto positivo sulla società.
È la stessa logica che governa il ragazzino che chiede di alzare il voto, senza alcuna motivazione: ottenere il risultato con ogni mezzo possibile. Perché quel voto abbia valore e non sia solo un numero come la metrica delle visualizzazioni di uno short su YouTube, occorre prioritariamente sottrarlo alla negoziazione.
Una cosa vorrei trattenere dei suggerimenti di MrBeast: prima di cedere al grade grubbing conta fino a 100000.
Buon caffè ☕
Simona
PS: il libello di cui ti parlo è allegato alla newsletter, può essere una lettura illuminante.