💡 La formazione che mi (s)forma
Questa è la sedicesima newsletter del 2024. E ci lamentiamo dei corsi di formazione per gli insegnanti. Ma anche di che cosa dovremmo pretendere.
In questo periodo si concentrano corsi di formazione a rotta di collo.

Non molti anni fa, ricordo che mi domandai il perché stessi sprecando tempo ad ascoltare uno che mi faceva vedere tutti i colori che potevo usare su Paint e come potevo modificare il tratto. Intanto perché lo avevo scoperto quando ancora c’erano i Word Art (chi se li ricorda?). E poi perché vorrei sapere come sapere questo migliorerebbe la mia didattica.
Da quel momento in poi ho avuto nei confronti della formazione specifica per gli insegnanti una radicata diffidenza.
La formazione per gli insegnanti è, mi sembra, migliorata nel tempo:
c'è più scelta perché l'offerta è più variegata,
ci sono più spunti interessanti nelle lezioni,
si è sdoganata la modalità asincrona e on line (che è molto comoda).
Ma d'altronde il mondo della formazione genera
un business esagerato avendo la possibilità di sfruttare i 500 euro della Carta docente, con poca attenzione alla qualità effettiva. Le case editrici, non è un mistero, vivono un momento di grande sofferenza e oltre, inondarci di manuali identici un anno dietro l’altro, si sono reinventati dei corsi di formazione (cosa che a mio avviso WeSchool fa meglio di altri). Per fortuna nella massa si trovano anche piccoli tesori ben confezionati;
propone corsi poco specifici perché esperti di settore propongono un'infarinatura di conoscenze che non si sa sempre bene come applicare alla pratica scolastica oppure possono essere applicati solo in contesti specifici e limitati;
non si interessano delle esigenze reali ed effettive di chi partecipa alla formazione.
Proprio per l’emorragia di corsi e corsetti per la qualunque noi docenti che usufruiamo dei corsi dovremmo richiedere, anzi pretendere, maggiore specificità e qualità.
Chi propone i corsi dà per scontata la domanda: a chi mi sto rivolgendo? e che cosa gli servirebbe? che cosa mi sta chiedendo?
Qualche tempo fa ho costruito un corso: “teachHero”. Forse non è perfetto o realizzato tecnicamente nel modo migliore, resta molto “artigianale” perché confezionato con le mie mani in ogni punto. Ma sono ancora convinta di quello che in maniera forse grezzo c’è lì dentro: ogni insegnante ha diritto a scoprire un proprio modo di “essere insegnante”, valorizzarlo e integrarlo con tutti gli aspetti che gli o le permettono di essere “completo”.
E, perdonami, non c’è solo la mia esperienza. La mia esperienza è servita per testare e verificare tutto quello che studiavo nel frattempo. Mi capita di incappare in persone che dicono: Oh guarda oggi ho fatto una lezione fighissima, sono una prof eccezionale, ti metto giù un corso e ti insegno ad essere come me, vedrai che avrai successo anche tu.
In tal caso, il contenuto di quella formazione è il mio ego, mi pare inoppugnabile.
Ma parliamo tanto della centralità dello studente e poi quando "lo studente" è l'insegnante che deve formarsi ci dimentichiamo subito i nostri buoni propositi.
Oppure, come capita nei corsi per l’anno di prova, spesso i formatori sembra si rivolgano direttamente agli studenti saltando la connessione dell’insegnante che “deve” fare così e se non ce la fa, non è neanche in grado di proporsi come mero esecutore della formula magica che viene consegnata.
Eppure per me il docente è come "l'anello che non tiene" di Montale (dalla poesia I limoni, che apre la raccolta Ossi di seppia).
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
L’apprendimento è una straordinaria avventura che sotterraneamente attraversa la nostra storia personale e collettiva: se ci accorgessimo come in un singolo istante il nostro corpo e il nostro spirito si apre a ciò che gli è ignoto, potremmo scorgere “epifanie” in ogni dove. Quando una persona lo scopre, ecco che nasce un nuovo insegnante. E la narrazione che ne consegue è distante anni luce da quella noia mortale che ascoltiamo troppo di sovente nei cosiddetti corsi “di formazione”.
Non so se sono una brava insegnante in generale, questo lo valuteranno altri.
So che per me la vita consiste in questo disvelamento della realtà “che finalmente ci metta nel mezzo di una verità”. È in questo luogo che “tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza” (lo dice sempre Montale nella stessa poesia).
Più volte sentendomi inadeguata come insegnante e convinta che i miei studenti meritassero molto di più di quanto potessi offrire loro in termini di conoscenza, ho ripetuto che una cosa però mi appassiona e posso condividere: studiare. Ed è questa l’unica cosa che conta: è il motore, l’origine, la ragion d’essere della “scuola”, non come istituzione forse, ma come luogo ideale di apprendimento.
Con tutto ciò mi è calato d’alto, un corso di formazione da tenere ai miei colleghi sulla transizione digitale. A parte l’immensa sindrome dell’impostore con cui ho dovuto fare i conti, mi sono posta il problema. Che cosa può servire ai miei colleghi?
Ho ipotizzato che se dopo n anni ancora alcuni non usano la Lim, non sanno trasformare un file in .pdf e perseguono la convinzione che il tasto Rispondi a tutti sia necessario per ogni comunicazione, forse è il momento di abbandonare il tema.
Che cosa c’è di nuovo? Beh, io mi sono incuriosita (come sempre) da un po’ sugli argomenti che interessano l’intelligenza artificiale. Non solo per giocarci un pochino. Neanche per criticarla. E nemmeno per demonizzarla. A me interessa capire
Come funziona
Come può essermi utile nel mio lavoro
Come potrebbe evolversi, o meglio come vorrei che evolvesse
Quali rischi possono sorgere (e le implicazioni legali, ad esempio)
Chi sono io che uso questi strumenti così potenti
Ho quindi studiato per loro, mettendomi nei loro panni, perché molti hanno già seguito corsi e dagli scambi che ho avuto penso che potrebbe risultare una conversazione stimolante.
Ho anche io seguito alcuni corsi sull’AI per insegnanti: molti sono basici, di informazione sulle AI, altri mostrano alcuni funzionamenti generici, tipo tutto quello che puoi fare con le AI, altri propongono problematiche di pensiero e filosofiche, ad esempio: che cosa è l’intelligenza? La capacità creativa dell’essere umano sarà sempre superiore? Ci lasceremo dominare dai robot?
Ho scelto di impostare il mio intervento (che poi sarà breve, eh, un totale di 4 ore mica un corso di 24 settimane) spiegando come mio solito quelle quattro cose che servono per entrare nel vivo (la storia dell’IA, gente, si trova ovunque e si può trovare in autonomia) e proponendo situazioni concrete, di vita vissuta dai miei colleghi, di casi di scuola sofferti realmente e come posso utilizzare l’AI per “aiutarmi” e aiutare i miei colleghi. Eh sì, ho fatto riferimento a situazioni anche personali dei prof che lavorano con me e partecipano al mio corso.
Non è una cosa difficile da fare, chiedere che cosa serve al pubblico a cui ti rivolgi, o almeno cerca di interpretarne i dubbi, le difficoltà, i problemi…
Perché, e su questo sono davvero molto convinta, non c’è modo di migliorare la scuola senza passare attraverso l’insegnante (chissà se i miei colleghi saranno soddisfatti del lavoro che ho pensato per loro, domani saprò dirti di più)
Con l’avvento delle AI, molte cose potrebbero cambiare e forse anche velocemente perché i rilasci e le novità avvengono a rotta di collo: chi insegna dovrebbe prendere maggiore consapevolezza del valore del suo ruolo per traghettare il mondo attuale nell’ignoto.
Sulla formazione, io chiederei di più. (Infatti, non seguo quasi più corsi pensati per insegnanti ma per specialisti*).
E tu?
Mentre prendi il caffè, ti va di dirmi come la vedi?
Buon lunedì
Simona ☕️
*Giusto per farti un’idea e stimolare la tua creatività, potresti provare a dare un’occhio a questo link https://www.domestika.org/it (si tratta ovviamente di suggerimenti per curiosare e avventurarsi in campi nuovi senza spendere cifre folli). Oppure potete rivolgervi a Simona Butò @epea.pteroenta che ha una eccezionale levatura culturale, una formazione da ricercatrice e una instancabile curiosità, di questi giorni il nuovo progetto Cosmografie:
Ho trovato almeno 4 refusi, ahimè. 😰E non perché non abbia revisionato, ma in questi giorni sono un po’ preoccupata di fare bene per i miei colleghi. Che mi dedicano il loro tempo. Ma anche il tempo di chi mi legge è prezioso e mi spiace di essere stata distratta. A chi trova più refusi offro un caffè, così ci incontriamo 😊