🏆 Quelli che la performance...
Questa è la trentaduesima newsletter del 2024. Nel clima delle Olimpiadi, parliamo di performance e valutazione nella scuola, toccando un nervo scoperto: la valutazione dei docenti.
Anche sotto l’ombrellone, l’ossessione della performance ci perseguita. Basti pensare a quanto abbiano catturato la nostra attenzione le parole di Benedetta Pilato o la sicurezza di Yusuf Dikec.
La valutazione (ed è sempre valutazione sulle prestazioni) regna incontrastata nella scuola: basta guardare nelle chat delle classi, figli o genitori, non cambia il succo. “Ma solo a mio figlio ha messo 5?”, “Quindi con questo professore più di metà classe è insufficiente?”, “Non si capisce come mette i voti: abbiamo studiato tutto, come è possibile?” (Le citazioni sono adattamenti da chat reali e recenti).
Nell’immaginario caricatural-social di qualche giornalista/influencer regna ancora l’immagine della professoressa arcigna che si aggiusta gli occhiali sulla punta del naso per squadrarti bene quando con la penna rossa segna il tuo voto come una condanna sul registro.
Sarà per questo che la valutazione del docente è trascurata, temuta, tralasciata.
L’ultima volta che si è affrontato il tema (in termini legislativi) è stato quando la legge 107/2015, la Buona scuola, ha istituito il bonus per la valorizzazione dei docenti. La legge infatti riscrive l’articolo 11 “Comitato per la valutazione dei docenti in servizio” del Testo unico della scuola, modificando la composizione del Comitato e il suo ruolo nell’istituzione.
Ad esempio, nel D.lgs 297/1994 il Comitato di valutazione era un organo interno del Collegio dei docenti; ora è un organo del Consiglio di Istituto, il che comporta che il Collegio dei docenti può proporre due insegnanti su tre consiglieri, e l’USR un suo rappresentante. Il mandato invece, è passato da uno a tre anni.
Storicamente il Comitato di valutazione è quello che arriva alla fine del periodo di prova dell’insegnante immesso in ruolo (cioè che abbandona lo stato di supplente per il posto fisso a vita).
Gli insegnanti devono completare un periodo di prova, che ha subito delle modifiche (la legge 107 istituiva il percorso FIT) con il DM 850/2015 e il DM 226/2022.
Che cosa devono fare i neoassunti nell’anno di immissione in servizio?
- Almeno 180 giorni di servizio, inclusi 120 giorni di attività didattiche.
- 50 ore di attività di formazione (di cui almeno 6 ore di incontri propedeutici organizzati dall’USP e 12 ore di laboratori formativi o visite in realtà innovative, sempre organizzati dall’USP; 12 ore di peer to peer con il docente tutor; in ultimo 20 ore sulla piattaforma Indire).
Si può non superare il periodo di prova che può essere esteso, se necessario, con un secondo periodo di valutazione.
La valutazione include un'autovalutazione strutturata, tra cui il Bilancio delle competenze iniziale e finale che si compila sulla piattaforma. Il processo di valutazione prevede obiettivi, metodi di valutazione, attività di formazione e criteri per la valutazione degli insegnanti nel loro periodo di prova.
Una volta nella vita, per un anno, ti chiedi se davvero insegnare è la tua strada e se ne sei in grado.
Ma il momento della valutazione del docente arriva tardi, in generale dopo molti anni di gavetta, e in seguito, successivamente all’immissione in ruolo, la legge enfatizza il riconoscimento del merito attraverso bonus piuttosto che con la progressione di carriera.
La carriera di un docente in realtà non subisce scossoni fino alla pensione; gli scatti di anzianità e l’aumento di stipendio arrivano comunque.
Tra i compiti del Comitato vi è quello di identificare i criteri per la valorizzazione del merito degli insegnanti basati su:
- Qualità dell'insegnamento e contributo al miglioramento della scuola.
- Risultati nel miglioramento delle competenze degli studenti e innovazione nei metodi di insegnamento.
- Responsabilità nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.
Cioè in pratica: sulla base della quantità di ciò che si fa fuori dalla classe (progetti, ruoli, incarichi vari) e sulla base della qualità della mia docenza (che non necessariamente coincide con la soddisfazione immediata degli studenti e delle famiglie).
Il dirigente scolastico, che presiede il comitato, utilizza questi criteri per identificare gli insegnanti meritevoli di un bonus da un fondo ministeriale specifico, appunto il bonus di valorizzazione dei docenti. L’unico vincolo del dirigente scolastico che aveva discrezione sulla distribuzione dei bonus, oltre basarsi sui criteri stabiliti dal comitato di valutazione, era che i dati devono essere pubblicati in forma aggregata per garantire trasparenza, come stabilito dalle linee guida dell’ANAC. Ora però il bonus è oggetto di contrattazione integrativa d’istituto e ogni scuola si regola diversamente.
In alcune scuole per migliorare la valorizzazione e quindi l’erogazione del bonus di merito, si è provveduto a realizzare un questionario di autovalutazione, ovviamente incentrato sui criteri stabiliti dal Comitato di valutazione. A questo si abbina il questionario di valutazione dei docenti compilato dagli studenti. Anche qui i criteri sono sempre quelli stabiliti dal Comitato di valutazione.
Paradossalmente è frequente che vengano valorizzate professionalità che fanno tanto ma portano pochi risultati tangibili. Nella scuola, infatti, è davvero complicato rilevare i risultati positivi in modo chiaro e immediato.
Certo, la necessità di valorizzare l’operato dei docenti resta una nota dolente, sopratutto perché nella scuola non esiste una carriera come in qualunque altra struttura aziendale piramidale (non è detto che sia il sistema migliore, ma è giusto per poter istituire un confronto).
E tutti, anche gli insegnanti, abbiamo bisogno di riconoscimenti e correzioni da parte degli altri.
Il lavoro è di per sé usurante, attaccato socialmente in ogni modo, senza riconoscimenti economici di sorta: se non ci soffermiamo noi a valutare il nostro operato e a riflettere su quello che facciamo,come lo facciamo e perché lo facciamo, il burn out è una possibilità concreta. Oppure l’abbandonare qualunque velleità e svolgere il nostro mestiere come grigi, compassati, anonimi imbrattacarte.
Accade quando non ti accorgi. La soluzione è interrogarsi, rendersi consapevoli, autovalutarsi insomma.
Al di là che sia riconosciuta una prestazione o una produttività migliore legandola ad una premialità aziendale, quanti momenti abbiamo per esaminare il nostro operato?
Non esiste un momento in cui, periodicamente, ci venga richiesto di migliorare la nostra didattica, il nostro lavoro in classe, nei rapporti con i colleghi.
Come ci si dovrebbe autovalutare allora?
L'autovalutazione è un processo cruciale per lo sviluppo professionale, ma spesso ci si concentra solo sulle performance, trascurando il miglioramento personale. L’insegnamento si basa sulla relazione con bambini e adolescenti in crescita e questo non può non implicare un lavoro costante su di sé.
In genere per capire come migliorarsi, si chiedono feedback che consentono di avere un riscontro rispetto alle proprie prestazioni. O anche rispetto alla relazione con gli altri. Gli insegnanti svolgono però un lavoro dove è difficile ottenere, per l’appunto, feedback perché la relazione è dispari, non è allo stesso livello e chi potrebbe esprimere o meno una customer satisfaction, cioè studenti e famiglie, non ha assolutamente alcuna visione di ciò che sta giudicando: gli studenti perché si basano su elementi superficiali e aleatori (tipo: “ce l’ha con me”, “non ho studiato e mi ha messo 8”o cose simili); le famiglie perché non sono in classe e, banalmente, la discriminante è solamente il voto sufficiente/insufficiente.
Disclaimer: unpopular opinion. Gli studenti non sono delle fonti attendibili nel fornire feedback tramite questionari, perché, nel migliore dei casi, il loro giudizio non si basa sui criteri definiti dal Comitato di valutazione, di cui non gli importa una cippa lippa. (E poi perché se avessero già compreso il senso della vita, non dovrebbero esistere né scuole né maestri, ammettiamolo).
Inoltre il corpo docente non percepisce il proprio operato come “prestazione” o “performance”, preferendo un’idea di competenza intellettuale, vocazionale o anche missionaria.
E allora che si fa?
Non ne ho la minima idea. Posso solo dirti che strumenti utilizzo io per cercare di autovalutarmi per puntare al mio miglioramento.
📓 Diario professionale
Tieni un diario in cui annotare regolarmente successi, sfide e lezioni apprese. Questo ti aiuterà a tracciare il tuo progresso nel tempo. Quando ti sarai dimenticata o dimenticato di quello che hai fatto bene e di quello che hai fatto male.
👉Consiglio pratico: Dedica 10 minuti ogni venerdì (o un giorno che preferisci) per riflettere sulla settimana di scuola e aggiornare il tuo diario professionale. Esistono delle versioni digitali, come l’app Diario di iOS.
✘ Matrice SWOT personale
Crea una matrice SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats) per identificare i tuoi punti di forza, debolezze, opportunità e minacce.
1. Disegna una matrice 2x2: si incrociano elementi provenienti dall’interno, cioè che dipendono da me o dalla organizzazione della scuola, o che provengo dall’esterno del mio luogo lavorativo, con elementi che possono essere di aiuto, quindi positivi, con altri che invece ostacolano e perciò sentiamo negativi.
2. Etichetta i quadranti:
- In alto a sinistra: Forze (Strengths)
- In alto a destra: Debolezze (Weaknesses)
- In basso a sinistra: Opportunità (Opportunities)
- In basso a destra: Minacce (Threats)
3. Compila ciascun quadrante:
💪Forze (interne, positive): a titolo di esempio,
- Competenze specifiche nella materia
- Capacità di comunicazione
- Esperienza nell'insegnamento
- Passione per l'educazione
😮💨Debolezze (interne, negative):
- Lacune in certe aree di conoscenza
- Difficoltà nella gestione della classe
- Scarsa familiarità con le nuove tecnologie
- Tendenza al burnout
🤙Opportunità (esterne, positive):
- Corsi di formazione disponibili
- Nuove tecnologie educative
- Collaborazioni con altri insegnanti
- Progetti innovativi nella scuola
👎Minacce (esterne, negative):
- Tagli al budget dell'istruzione
- Cambiamenti nelle politiche educative
- Crescente carico di lavoro amministrativo
- Sfide sociali che impattano gli studenti
Qui trovi una rappresentazione di esempio di SWOT.
👩💻 Piano di sviluppo personale
Delinea un piano che includa obiettivi a breve e lungo termine, sia per le performance in classe che per lo sviluppo professionale e personale.
Di questo, di obiettivi per l’anno che inizierà, parleremo nella prossima newsletter.
Ma visto che siamo in estate (per fortuna) che ne dici di un test sull’argomento?
Buon caffè
Simona ☕️