≠ La differenza
Questa è la diciottesima newsletter del 2024. Dove apriamo nuove strade all'insegnare.
La scorsa volta abbiamo provato a riflettere sulla possibilità di ri-narrare la figura e il ruolo dell’insegnante nel mondo scuola attuale.
Allarghiamo lo scenario e proviamo a considerare futuri possibili.
Un cambiamento che sta investendo le realtà lavorative in questi mesi è la crescita dell’intelligenza artificiale. Nel giro di pochissimo tempo lo sviluppo di tecnologie che sono in grado di rispondere a richieste e compiti complessi è diventato esponenziale e non accenna a fermarsi.
Elon Musk ha anche pronosticato che entro il 2025 sarà possibile avere l’AGI, l’intelligenza generale artificiale, cioè un sistema di intelligenza artificiale capace quanto un essere umano di apprendere e svolgere un'ampia gamma di attività, insomma simile a quella umana.
Che fine farà l’insegnamento così come lo conosciamo?
Concordo con il professor Armando Bisogno (qua il suo Youmanities) sul fatto che tra trent’anni (ma forse molto meno) il modo di insegnare sarà molto diverso. Ma quale modo?
In questi mesi, ho concentrato il mio studio per capire il funzionamento delle AI e ho sperimentato diversi utilizzi. Mi sono anche confrontata con altri insegnanti, ad esempio Luisa Broli, che ho incontrato a Sfide, lo scorso marzo.
Alcune considerazioni.
- La migliore caratteristica dell’AI è che permette la personalizzazione: è come avere un tutor dedicato, che si organizza e si sviluppa in base alle tue esigenze e alle tue richieste. È un assistente che va addestrato, ma tutto sommato i processi che attua sono molto simili ai nostri (perché li replica), quindi anche senza basi di conoscenze neuroscientifiche si possono ottenere risultati ottimi.
- Il grande vantaggio è che ha la capacità di leggere impressionanti quantità di testo e posso chiedere di rispondere come se fosse l’autore degli stessi testi. Ad esempio, io ho provato a far leggere ad una AI tutto lo Zibaldone di Giacomo Leopardi e poi ho chiesto che cosa pensava Giacomino sui vari casi della vita. Mi rispondeva proprio come lui. Oppure potevo chiedere se Leopardi avesse mai parlato dei Trecento spartani alle Termopili e l’AI mi ha spiegato dove e in che modo il recanatese ne avesse ragionato. A rigor di logica, se gli faccio leggere le opere di Einstein potrà spiegarmi la teoria della relatività proprio come Albert.
- Diciamo che è come se potessimo accedere a tutto lo scibile umano con un clic. Dai tempi in cui è nata la scrittura, gli esseri umano hanno desiderato raccogliere tutto il sapere in un unico luogo, la Biblioteca di Alessandria, la monumentale Enciclopedia, adesso ChatGPT. E in effetti ChatGPT è sempre pronto a fornire delle risposte. A volte le inventa pure, pur di rispondere.
Diamo un’occhiata al mondo della scuola: chiediamo ai nostri studenti di dare le risposte giuste alle domande che noi poniamo sulla base di documenti specifici che forniamo loro.
Forse è diverso da come ci comportiamo con Chat GPT?
E se posso addestrare l’AI a porre delle domande perché io sia pronta in alcuni argomenti e, sotto molti aspetti, lo fa molto meglio di me, non sarà un insegnante migliore in futuro?
Sento mille voci che si agitano: ma noi abbiamo la creatività. Ah, dimenticavo. Giusto la creatività. Quando si è arrivati all’intelligenza artificiale, si pensava di poterla utilizzare sopratutto per i compiti ripetitivi. Poi sono arrivate le AI che creano immagini sulla base di una richiesta formata da parole, a volte neanche tanto sensate. E così abbiamo DALL-E, Midjourney, Leonardo.AI… Guarda che immagini (quelle della newsletter!) riesco a generare senza saper dipingere!
Non è questa la newsletter per parlare a fondo di AI. Ma invece è l’occasione di enucleare un problema, quello dell’insegnare, che sarà cruciale negli anni a venire.
Che cosa insegniamo? Perché se insegniamo a dare risposte, abbiamo perso la nostra partita: l’AI è molto più brava di noi a fornire risposte più complete ed esatte.
Ma se insegniamo a porre domande, allora forse possiamo avere una possibilità.
Per esempio, potremmo iniziare a porre noi per primi delle domande, delle domande di senso, di significato, i perché dell’esistenza. Queste possono aprire altre strade e altre narrazioni dell’insegnare.
Ci sarebbe da precisare che “addestrando” bene le AI (ad esempio Claude 3 di Anthropic) sono in grado di dialogare anche sulle grandi domande esistenziali, dall’amore a Dio.
Ma sono le domande di senso che portano gli esseri umani a decidere.
Buon caffè e buon lunedì
Simona ☕️
Guarda, Simo, proprio ieri commentando il post di una collega su Instagram, mi è tornato in mente un pensiero che avevo afferrato qualche mese fa (ma che probabilmente mi era sfuggito poco dopo). Devo averne anche scritto su LGD, ma non ricordo... Insomma: e basta con questo lanciare domande alle quali la risposta già esiste da qualche parte (manuale, appunti, ricordo delle parole del prof) e per le quali vogliamo saggiare l'avvenuta memorizzazione! Io voglio intendere le domande come dei ponti lanciati verso lo studente, che non lo raggiungeranno mai, ma si congiungeranno con la sua parte di ponte. E là, in quello spazio intermedio che prima non esisteva, io e lui/lei andremo a costruire NUOVA cultura. Perché se non cambio un po' anche io, grazie alle domande che faccio ai miei studenti, ma che senso avrebbe farle?