🧗🏻♀️1. Sfida
Questa è la prima newsletter del 2025, arriva con l'Epifania (che tutte le feste si porta via) e con la proposta di una challenge (che spero di portare a termine...)

L’insostenibile lentezza del cervello umano
Secondo un rapporto dei neurobiologi Jieyu Zheng e Markus Meister del Caltech (California Institute of Technology), il cervello umano elabora le informazioni a una velocità di appena 10 bit al secondo, un valore infinitesimale rispetto alla quantità di dati che i nostri sensi percepiscono o che i moderni sistemi di Intelligenza Artificiale processano, o un banale computer che opera in trilioni di operazioni al secondo (qui si può leggere l’articolo della Caltech).
La scoperta è stata pubblicata su Neuron dai ricercatori del California Institute of Technology con il titolo “The Unbearable Slowness of Being: Why do we live at 10 bits/s?”, cioè “L’insostenibile lentezza dell’essere: perché viviamo a 10 bit/s?”. Questa velocità, sorprendentemente bassa, contrasta con l’enorme quantità di dati che il nostro sistema nervoso periferico raccoglie dai sensi, operando a circa 10⁹ gigabit al secondo. Il cervello, invece, sembra funzionare come un sistema a coda lenta1, elaborando un numero limitato di informazioni a singolo flusso. Secondo Meister,
“Ogni momento, stiamo estraendo solo 10 bit dal trilione che i nostri sensi percepiscono. Questo solleva una domanda: cosa fa il cervello per filtrare tutto questo?”.
Secondo i ricercatori, questa lentezza potrebbe essere spiegata dalla necessità o meglio dalla sua mancanza. I nostri antenati vivevano in un mondo che non richiedeva elaborazioni rapide e complesse. Il ritmo relativamente calmo del nostro ambiente ecologico ha permesso che la maggior parte delle decisioni potesse essere presa con una intensità moderata, rendendo superfluo un aumento della velocità cognitiva.
In tempi molto remoti, i primi animali a sviluppare il sistema nervoso - probabilmente durante il periodo Ediacarano, da 635 milioni di anni a 543 milioni di anni fa, cioè prima del Cambriano - avrebbero usato il loro cervello per principalmente per spostarsi verso il cibo e allontanarsi dai predatori. Se il nostro cervello si è evoluto da questi sistemi primitivi orientati al movimento, ne consegue che sia progettato per seguire un solo “percorso” di pensiero alla volta2. Come spiegano Zheng e Meister:
“Il pensiero umano può essere visto come una forma di navigazione attraverso uno spazio di concetti astratti.”
Chiaramente questo spiegherebbe ad esempio la difficoltà del multitasking oppure la difficoltà nei processi decisionali, la percezione del tempo, l’apprendimento e l’acquisizione di competenze che richiedono ripetizione e allenamento continui, e certi fraintendimenti nell’interazione sociale. A quanto pare “andiamo” normalmente a meno di 10 bit/s, il che spiegherebbe perché la stupidità è più conveniente (leggere invece richiede una velocità di 50 bit/s, tanto per dovere di cronaca).
Ma allora…
Che competenze insegno?
La notizia è stata elaborata dal mio cervello a 10 bit in questa maniera.
La realtà odierna è caratterizzata da un flusso continuo e incessante di stimoli, che ci richiedono decisioni rapide, multitasking e la capacità di elaborare grandi quantità di informazioni in poco tempo.
Il risultato è un disallineamento
tra ciò che il nostro cervello può fare e ciò che il mondo ci chiede.
Il ritmo del nostro ambiente è frenetico e caotico, come potremmo sopravvivere se il nostro cervello è tanto più lento? Come possiamo, con questa “insostenibile lentezza dell’essere”, sopravvivere e prosperare in un ambiente frenetico e caotico?
Le Intelligenze Artificiali possono processare trilioni di operazioni al secondo, svolgendo compiti complessi con velocità e precisione che superano di gran lunga le capacità umane. Se applicate all’insegnamento, potrebbero personalizzare il percorso di apprendimento per ogni studente, monitorare il progresso in tempo reale e fornire risposte immediate. Non svolgeranno molto meglio di me il lavoro che mi permette di vivere, cioè insegnare?
Come insegnante, sono chiamata non solo a trasmettere conoscenze, ma a sviluppare negli studenti la capacità di vivere e fiorire in un mondo sempre più dominato da tecnologie avanzate. E che competenze posso insegnare ai miei studenti se quello che gli servirebbe è una velocità di elaborazione più elevata? In che modo li posso orientare, dato che ho anche il ruolo di tutor?
D’altra parte le competenze che servono per insegnare sono davvero così ricercate come si dice nel mondo reale?
La professione docente è spesso percepita come un ripiego, e le competenze sviluppate dagli insegnanti non sempre ricevono il riconoscimento che meritano nel mercato del lavoro. Tuttavia, le competenze trasversali (soft skills) acquisite attraverso l’insegnamento, come la capacità di comunicare efficacemente, risolvere problemi, lavorare in team e gestire situazioni complesse, sono altamente apprezzate in molti settori professionali. Dicono.
Ma se fosse così gli insegnanti dovrebbero essere ricercatissimi dal mondo del lavoro! O, in alternativa, il lavoro di insegnante dovrebbe essere profumatamente retribuito, esattamente come quelle persone che emettono fatture da 1000 euro (e anche di più) per un’ora di consulenza o di formazione, o sono scema io?
E nel caso siano davvero così appetibili, come le rendo “trasferibili” ai miei studenti? Non si trovano a pag. 45 del libro di testo.
Dovrebbe essere questo l’orientamento? Sviluppare competenze negli studenti in grado di non fargli perdere la bussola nella vita dopo la scuola?
I detti studenti credono (e perché non dovrebbero?) a chi dice che se sei brutta devi studiare, se sei bella non ti serve (e non credo di riuscire a spiegare come mi ribolle il sangue quando sento queste cose), a chi si vanta di tutto quello che ha imparando alla “scuola della vita” perché quello che c’è nei libri e inutile, a chi sostiene che studiare è una perdita di tempo se vuoi fare i soldi. Un po’ mi viene da crederci anche io3.

Skills Challenge?
Poco prima della chiusura dell’anno scolastico, un mio collega mi confidava che “Basta, voleva andare via, riprendere gli studi, fare altro”. Ho una idiosincrasia simile, comprendo che cosa dice, mi domando se effettivamente le mie preoccupazioni siano molto più realistiche di quanto io voglia ammettere.
Si capisce?
Così ho pensato ad una sfida, una sfida lunga un anno, perché appunto il nostro cervello ha bisogno di seguire un percorso solo e seguirlo fino alla fine (e va pure lento).
Ma sopratutto perché le parole vanno messe alla prova: è facile lamentarsi se poi non ti rimbocchi le maniche e ti dai da fare. Quindi ho pensato che potevo fare un esperimento.
Ho rispolverato il mio vecchio curriculum, ne ho fatto uno nuovo da aggiornare di settimana in settimana, lo invierò ad aziende, enti, istituti e qualunque altra cosa mi venga in mente.
Ogni settimana nel Caffè del lunedì esplorerò una Skill diversa che, chi insegna da un po’ di tempo, ha avuto modo di sviluppare in modi, a volte, particolari.
Analizzerò la competenza, le situazioni che la richiedono, il modo per potenziarla. Ovviamente questo va inserito nel curriculum4 in fieri. Che sarà inviato a 10 aziende (più o meno) in cui può essere utile la Skill scelta. Quante aziende risponderanno?
Nessuna, ci scommetto. (Preciso che Laurea in Ingegneria, che funziona come jolly, quella, non posso inserirla).
Ma il gioco vale la candela, se non altro per verificare:
Quanta consapevolezza abbiamo, noi docenti, di quello che facciamo tutti i giorni
Se quello che sappiamo fare davvero, siamo in grado di “trasferirlo” ai nostri studenti
In ultimo, se le nostre skills possono davvero reggere al confronto con ciò che c’è fuori dal mondo della scuola (a cui dovremmo preparare i ragazzi).
In pratica…
Ho pensato a un elenco (che però è soggetto a revisione) diviso in 4 periodi.
L’anno scorso nel primo Caffè del Lunedì del 2024, ho proposto di dividere i 365 giorni in 4 periodi e considerare come se ciascun periodo fosse un anno.
La divisione era questa:
Da gennaio a marzo: lavoro duro, uno/due obiettivi e azioni serrate, a testa bassa. Come una maratona sulla lunga distanza.
Da aprile a giugno: ritmo più lento, si ricuce, si riprende, si torna indietro. Come chi scava in profondità per conservare ciò che è prezioso.
Da luglio a settembre: elaborazione delle idee, domande, riflessioni e progetti. Come chi ascolta il vento e quello che porta.
Da ottobre a dicembre: metodo di lavoro, accordi condivisivi, rilevazione dei problemi, ascolto, tanto ascolto. Come chi getta le reti un po’ qua e un po’ là e vede che cosa raccoglie.
Perciò partirei dal Periodo 1: Gennaio - Marzo (Lavoro duro, azioni serrate, maratona).
La prima competenza è quella della sfida: l’AI non è in grado di sfidare se stessa per migliorarsi continuamente, come facciamo noi esseri umani (e insegnanti in particolare). Molti filosofi hanno cercato di identificare la differenza tra Intelligenza artificiale e umana, qualcuno la individua nella mancanza di coscienza, nella creatività, nella caratteristica emozionale e relazionale, nella capacità di prendere decisioni…
Secondo me la capacità di sfidarsi, di continuare a migliorarsi, il desiderio di non fermarsi a quello che si ha già, è un tratto distintivo che possiedono solo gli esseri umani.
Il primo anno di 12 settimane è progettato in questa maniera:
Capacità di sfida
Pianificazione strategica
English proficiency
Gestione del tempo
Leadership trasformazionale
Capacità decisionale
Adattabilità ai cambiamenti
Monitoraggio e valutazione dei progressi
Ora non so se resterà così, mi autorizzo a cambiare in corso d’opera (Magari nel prossimo caffè, allegherò il piano completo delle 52 settimane).
Il mio cv è pronto (il primo), ho selezionato gli uffici a cui inviarlo, non resta che cliccare Invia. Basta scegliere un pomeriggio della settimana in cui ritagliarsi due ore a preparare cv e cercare aziende.
Lancio la “Skills challenge” a tutte e tutti, non so se avrò tempo di condividere sui social, ma se è una cosa che interessa, passate parola: più siamo meglio è.
Buon caffè a chi si sente befana, come me, ed è pronta a volare su una scopa se è il caso.
Simona ☕
PS: Credo che Sfide sarà una parola ricorrente quest’anno… ci saranno sorprese.
Ho chiesto a ChatGPT che cosa è un sistema a coda lenta: “Un sistema a coda lenta si riferisce, generalmente, a un sistema di gestione o elaborazione in cui il tempo di attesa per completare le attività è lungo. Questo termine può essere applicato in vari contesti, tra cui informatica, logistica, gestione di processi, o economia.” A me viene in mente il brasato che voglio cucinare oggi e che deve cuocere tante ore per essere pronto per l’ora di pranzo…
E questo mi rende sempre più certa del metodo didattica che deve puntare sulla ripetizione e sulla costanza, come se dovessimo creare una abitudine allo studio.
Lo dicono anche personaggi di un certo rilievo culturale, non solo i Tiktokers. “Tutto quel che non so l'ho imparato a scuola”, recita il celebre aforisma di Leo Longanesi. Tutto quello che non ho imparato a scuola è anche il titolo di un libro di Erling Kagge, il primo uomo a raggiungere il Polo Sud in solitaria e il primo a raggiungere i «tre poli»: il Polo Nord, il Polo Sud e una cima dell’Everest. A un certo punto, mi viene il dubbio. Avrò sbagliato tutto?
Non voglio farla lunga, ma è giusto ragionare anche su come realizzare il curriculum, per esempio, abilità che spesso non è approfondita a scuola. Altre osservazioni: al cv deve essere accompagnata una lettera di presentazione che deve essere inviata ad una persona o un ufficio preciso, non a caso. Più avanti esploreremo tutte le domande a latere, che non sono assolutamente superficiali o scontate. Il mio, che allego, alla fine non mi piace così tanto.
Lettura motivante ed energizzante da digerire, da condividere con gli studenti, da applicare, da trasferire nel mio quaderno delle idee.
Grazie come sempre. Sei illuminante.