📦#24 Possibilità
Questa è la ventitquattresima newsletter del 2025: dal PNRR alla dispersione, alla ricerca di cause... con un invito a pensare diversamente e vedere possibilità. Anche dove non sono evidenti
Dispersione scolastica, povertà educativa, insuccesso formativo: sono parole che descrivono la scuola italiana (ma non solo1) degli ultimi anni.
Partiamo dal PNRR
È uno dei motivi per cui, con il DM 170/2022, il contrasto alla dispersione scolastica2 è diventato una priorità strategica a livello nazionale.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dedica l’intera Missione 43 all’istruzione e alla ricerca all’obiettivo di promuovere una crescita sostenibile e inclusiva, colmando i divari territoriali e rafforzando le competenze delle nuove generazioni.
I numeri parlano chiaro: 1,5 miliardi di euro sono stati stanziati complessivamente per sostenere scuole secondarie di primo e secondo grado in tutta Italia. Già nel 2022, una prima tranche di 500 milioni ha raggiunto 3.198 scuole, oltre la metà delle quali si trovano nel Sud. Alla sola Regione Siciliana sono andati 74 milioni, mentre 123 scuole selezionate da INVALSI hanno ricevuto 17,2 milioni per azioni formative mirate al superamento dei divari e al potenziamento delle competenze.
Non si tratta quindi di interventi sporadici, ma di una strategia strutturata e pluriennale.
Dispersi perché?
Ma per combattere cosa?
Perché, per evitare che uno studente abbandoni la scuola, mica basta legarlo alla sedia4.
Vogliamo approfondire le cause della dispersione scolastica?
La mia documentazione non è sicuramente esaustiva ma alcune informazioni essenziali sulle cause del fenomeno le fornisce l’Invalsi:
“La dispersione scolastica è il risultato di una serie di fattori che hanno come conseguenza la mancata o incompleta o irregolare fruizione dei servizi dell’istruzione da parte di ragazzi e giovani in età scolare.
Al suo interno racchiude:
la totale non scolarizzazione anche ai livelli iniziali di istruzione
l’abbandono, ossia l’interruzione per lo più definitiva dei corsi di istruzione
la ripetenza, ossia la condizione di chi si trovi a dover frequentare nuovamente lo stesso corso frequentato in precedenza con esito negativo
i casi di ritardo, quali l’interruzione temporanea della frequenza per i motivi più vari o il ritiro dalla scuola per periodi determinati di tempo”.
Per questo si parla di insuccesso scolastico. Ma, precisa Invalsi, quasi mai l’abbandono è generato da un unico fattore. Si possono suddividere in tre tipologie: fattori ascritti, fattori di contesto e fattori individuali.
I fattori ascritti si riconducono al fatto che il background socio-economico di provenienza influenzi in modo decisivo la percezione del valore o di-valore che il titolo di studio e la scuola rappresenta. Si segnala che può influire anche l’appartenenza etnica, ma è una grande variabile, difficile da monitorare.
Per fattori di contesto, cioè quelle legate al sistema scuola. Significa che il clima relazionale della classe (docenti e studenti insieme), nello specifico, e della scuola, in senso più ampio, costituisce una discriminante rilevante.
In ultimo, sono da considerare i fattori individuali: sono quelli più legati alle personalità, alla motivazione e alla resilienza personale.
Background
Tuttavia in più studi compare un forte legame tra la possibilità di contrastare la dispersione in presenza di un background socio-economico più alto. È il caso dello studio Prevedere l’insuccesso scolastico per prevenirlo: uno studio sui percorsi di apprendimento degli studenti italiani del professor Tommaso Agasisti, del Politecnico di Milano. Lo studio risponde a due domande cruciali:
È possibile prevedere, già durante la scuola primaria, quali studenti rischieranno di non raggiungere la soglia minima di competenze entro la fine della scuola secondaria di primo grado?
Quali fattori influenzano lo sviluppo della progressione dei rendimenti scolastici nel tempo?
La ricerca5 si basa su un ampio dataset longitudinale senza precedenti, sviluppato in collaborazione con INVALSI, che segue i risultati scolastici di oltre 278.000 studenti italiani per sei anni, dalla seconda classe della scuola primaria alla terza della secondaria di I grado. Inoltre utilizza sistemi di rilevazioni che tengono conto sia delle caratteristiche individuali degli studenti sia del contesto di classe e di scuola. Gli studenti che peggiorano (downgrading) durante la scuola primaria hanno una probabilità significativamente più alta di trovarsi nella fascia di rischio: il 45% dei downgrading in matematica e il 41% in lettura risultano a rischio.
Al contrario, tra coloro che migliorano upgrading, una quota rilevante raggiunge i livelli più alti (4 o 5): il 32% in matematica e il 45% in lettura. È possibile prevedere con buona accuratezza già al termine della quinta classe quali studenti saranno a rischio tre anni dopo. L'aggiunta di informazioni successive (alla terza media) migliora la precisione solo marginalmente (+3%). Questo implica che le scuole hanno una finestra temporale di almeno tre anni per intervenire con supporto mirato.
Ma che cosa influisce sul cambiamento? si interroga Agasisti.
“Alcuni risultati sono attesi: ad esempio, un livello socio-economico più elevato è correlato a una maggiore probabilità di miglioramento e a un minor rischio di peggioramento6”.
In una pubblicazione del 2023 dell’Ufficio di Statistica del MIM DGSIS del 2023, curata da Francesca Salvini, si individuano alcuni fattori che caratterizzano chi abbandona la scuola:
In un altro luogo Invalsi analizza l’incidenza delle povertà educative e osserva come la composizione del nucleo familiare, l’occupazione dei genitori e il loro livello di istruzione limiti l’accesso alle opportunità formative:
“La condizione familiare, inoltre, influenza molto la scelta dell’indirizzo di studi dopo la Scuola secondaria di primo grado, determinando una sorta di autoselezione che indirizza i giovani figli di genitori impegnati in lavori esecutivi soprattutto verso scuole professionali (34%), mentre in un numero rilevante di casi – 2 su 3 – i figli di genitori non diplomati reiterano la stessa condizione non diplomandosi a loro volta (Fonte: Almadiploma, 2023)".
Il recentissimo e innovativo progetto Bridge, partito a febbraio 2025 e finanziato dall’UE, si propone l’obiettivo di individuare pratiche politiche, sociali ed economiche per migliorare i tassi di partecipazione e completamento nell'istruzione secondaria superiore e terziaria in Europa.
“Molti studenti compiono scelte poco ponderate nell’ambito dell’istruzione superiore, il che porta a frequenti cambi di corso o all’abbandono completo degli studi universitari (OCSE, 2022b). Di conseguenza, solo il 39% degli studenti conclude un percorso formativo entro la durata prevista dal programma, con costi significativi sia a livello individuale che sociale. Inoltre, anche quando i giovani adulti conseguono un titolo di studio, spesso non riescono a sviluppare le competenze richieste dal mercato del lavoro, aumentando così il divario tra le qualifiche acquisite e le competenze effettivamente necessarie (Neffke et al., 2023)”.
Effetto scuola
Se il background familiare sembrerebbe al primo posto nel determinare il successo o l’insuccesso formativo, e subito al secondo posto potremmo inserire il clima della classe e la qualità del benessere del singolo istituto, c’è anche chi (ma non in Italia) punta il dito sulla tipologia di formazione.
La dispersione scolastica ha un’incidenza maggiore negli istituti tecnici e professionali (in cui generalmente le condizioni di partenza delle famiglie sono svantaggiate): uno studio dell’Università belga di Leuven, pubblicato il 5 giugno 2025, si propone di investigare una domanda fondamentale: in che modo la sostituzione dell'apprendimento basato sulla scuola con l'apprendimento basato sul lavoro influisce sugli esiti cognitivi (come la capacità di calcolo e l'alfabetizzazione) e sugli esiti non cognitivi (come la motivazione degli studenti, l'impegno, l'autostima accademica e il benessere) nell'istruzione secondaria professionale?
Precedenti ricerche hanno spesso confrontato l'istruzione professionale con quella generale, ma non hanno esaminato direttamente l'impatto specifico dell'apprendimento basato sul lavoro all'interno dei programmi professionali. Molti effetti attribuiti all'istruzione professionale potrebbero in realtà essere dovuti a effetti di tracking (cioè, studenti meno abili vengono indirizzati a percorsi professionali) piuttosto che all'apprendimento sul posto di lavoro in sé. Nonostante i benefici riconosciuti ai percorsi professionali, evidenze più recenti sollevano preoccupazioni:
I vantaggi sul mercato del lavoro dei programmi basati sul lavoro possono diminuire nel tempo o addirittura trasformarsi in svantaggi;
Ciò è spesso collegato all'idea che un forte focus su competenze specifiche sul posto di lavoro possa avvenire a scapito dell'acquisizione di competenze più generali come capacità di calcolo, alfabetizzazione e pensiero astratto. La mancanza di queste competenze chiave può ostacolare la capacità di apprendimento permanente degli individui;
Un'eccessiva enfasi professionale nell'istruzione secondaria può anche avere un impatto negativo sulla transizione e sui risultati nell'istruzione superiore, ancora una volta a causa di una ridotta acquisizione di competenze cognitive chiave.
Solitudine
Tutti questi studi sono estremamente interessanti, ma mi domando perché nessuno incroci mai questi rilievi con altri legati alle generazioni più giovani.
Qualunque psicologo o pedagogista, educatore o insegnante, chiunque a vario titolo si interessi di educazione osserva che forse più incisivo del contesto familiare e dell’ambiente scolastico è il mondo sociale degli adolescenti, sopratutto nel determinarne le scelte di vita e i valori. Non solo i rapporti tra pari (non necessariamente i compagni di classe), ma quello veicolato dai social, dalle canzoni, dalla cultura di giovani e giovanissimi.
Sabato 14 ho ascoltato Silvio Cattarina, fondatore della comunità educativa terapeutica L’imprevisto di Pesaro. Raccontava dei ragazzi che arrivano nella sua comunità. Dichiarano subito:
“Sono solo, sono qui ma non voglio avere a che fare con nessuno, e men che meno che nessuno mi voglia bene.”
(Non so se sono testuali parole perché ho scritto in fretta). Questa solitudine che li rende inavvicinabili, inamabili, secondo loro: è il più grande ostacolo.

E mi domando perché non si considerino, ad esempio, i dati sull’aumento dell’uso di sostanze stupefacenti e dell’abuso di alcol tra i giovani e i giovanissimi e l’insuccesso scolastico: entrambi sono dei dati in crescita, nelle stesse fasce d’eta, in questi stessi anni. Perché non potrebbero essere collegabili?
O anche come la svalutazione del percorso scolastico per preferire modelli di figaggine (questo lo osservava anche Cattarina) deviante incida sulle scelte formative dei nostri ragazzi…
E visto che ci sono, mi domando perché le forze dell’ordine decidano di chiudere un occhio sui piccoli consumatori/spacciatori nell’illusione di fare il “grande arresto”, quando, dati alla mano, consumi di droga e alcol e dispersione scolastica sono in allarmante aumento?
Non si potrebbero attivare delle collaborazioni con le forze dell’ordine per studiare dei percorsi di reinserimento scolastico o lavorativo?
Non si potrebbe intercettare quella solitudine abissale cooperando anche tra istituzioni?
Non si potrebbe iniziare a vedere possibilità diverse da quelle che non funzionano?
Perché il contrario di dispersione è appartenenza, la possibilità cioè di contare per qualcuno. E non la può affrontare solo la famiglia da sola o solo la scuola.
Bisogna pensare “fuori dalla scatola”.
Buon caffè ☕
Simona
Il progetto Bridge, nato da consorzio di cinque importanti università europee e un'organizzazione non governativa, è un’iniziativa di ricerca europea multidisciplinare che mira a migliorare i sistemi educativi e a promuovere l'equità e l'inclusione nell'istruzione.“Nell’Unione Europea, un giovane adulto su dieci abbandona ancora il percorso scolastico prima di aver completato l’istruzione secondaria (Eurostat, 2023). Le disuguaglianze all’interno del sistema educativo continuano ad aumentare, e il rischio di abbandono scolastico è particolarmente elevato tra i giovani provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati (OCSE, 2023). Questo fenomeno può riflettersi negativamente sulla salute degli individui, ridurre le opportunità economiche e indebolire la capacità di affrontare le difficoltà, contribuendo al contempo ad alimentare ulteriormente le disuguaglianze sociali.”
A titolo puramente informativo, anche prima del DM 170/2022 esistevano azioni contro la dispersione scolastica: erano finanziate principalmente tramite fondi ordinari del Ministero dell’Istruzione, programmi regionali, e risorse europee (ad esempio, fondi FSE e PON). Ma senza un intervento unitario e con stanziamenti più limitati e meno mirati, gli investimenti erano frammentati e spesso legati a progetti locali o a iniziative di singole scuole o reti territoriali e con risorse inferiori rispetto a quelle messe in campo dal PNRR.
In questo quadro, l’Investimento 1.4 si concentra esplicitamente sulla riduzione delle diseguaglianze educative, con azioni mirate al miglioramento delle competenze di base, al contrasto alla dispersione scolastica e al rafforzamento del legame tra scuola e mondo del lavoro. Il Mezzogiorno riceve particolare attenzione, ma l’intervento ha portata nazionale. Le azioni previste sono molteplici e integrate. Si va dalla personalizzazione dei percorsi per gli studenti più fragili alla formazione intensiva dei docenti; dal rafforzamento del tempo scuola con attività extracurricolari (come teatro, sport, musica) alla creazione di piattaforme digitali per il tutoraggio; dal coinvolgimento delle famiglie e dei servizi sociali alla costruzione di reti tra scuole, per condividere pratiche efficaci.
Aggiungo che la legge Caivano del 2023 inasprisce le sanzioni contro l’evasione dell’obbligo scolastico.
A differenza di studi precedenti basati su misure statiche, questo lavoro adotta un approccio dinamico, analizzando le traiettorie di apprendimento. Gli studenti sono distinti in tre categorie in base all'andamento dei risultati tra la seconda e la quinta classe della primaria: upgrading (migliorano significativamente), downgrading (peggiorano) e unvarying (mantengono una performance stabile).
Troviamo poi: la performance iniziale (in seconda classe), cioè chi parte bene ha più probabilità di continuare a crescere; la composizione del gruppo classe: funziona come abbiamo visto il contagio tra compagni; la scuola stessa ha un ruolo, è il famoso “effetto scuola”.