✊#25 Rispetto
Che cos’è davvero il rispetto? Riflessioni educative sulla traccia della maturità 2025. Questa è la venticinquesima newsletter del 2025: il rispetto è un valore insegnabile?
Cosa significa davvero “rispetto”? È stata la traccia più scelta alla maturità del 2025. Il 40,3% secondo Orizzonte scuola che riporta di dati ministeriali. È comprensibile: il termine “rispetto” risuona profondamente, specie per una generazione in cerca di riferimenti etici. Anche le istituzioni scolastiche lo esaltano: il Ministro dell’Istruzione ha definito il rispetto «fondamentale» nella formazione, insistendo che «non esiste centralità della persona se non impari a rispettare l’altro».
Voltarsi indietro come Orfeo
Ma possiamo davvero insegnarlo? È un valore da imporre o da scoprire?
Da una parte c’è l’idea positiva: rispetto come considerazione profonda per l’altro, come “guardare di nuovo” chi abbiamo di fronte (non a caso rispetto viene dal latino re-spicere, guardare nuovamente/indietro, come ricordato nella traccia d’esame di Maccioni).
Proprio a partire da questa origine latina, re-spicio, la traccia evocava Virgilio nelle Georgiche dove compare proprio quel verbo, che descrive la “subita follia” che prese Orfeo:
Rèstitit Èurydicènque suàm iam lùce sub ìpsa
ìmmemor hèu! victùsqu(e) animì respèxit1.
Orfeo, l’archetipo del poeta, incanta il mondo con il suo canto. Quando Euridice muore, scende negli inferi per riportarla in vita. Ade e Persefone, i signori dell’Ade, acconsentono. Ma ad un patto (e i patti vanno rispettati): durante il percorso di risalita Orfeo non dovrà mai voltarsi a guardare la sua amata finché non saranno tornati alla luce. Orfeo si mette in cammino davanti, Euridice lo segue in silenzio. Sappiamo come va a finire: a un passo dall’uscita, quando già la luce del mondo di sopra rischiara appena l’oscurità, Orfeo si volta indietro a controllare. Euridice – è lì – ma è troppo tardi: il patto è infranto. Euridice scompare di nuovo, questa volta per sempre.
Per Cesare Pavese che rielabora questo episodio nei Dialoghi con Leucò2, Orfeo spiega alla baccante che cos’è il ri-guardare indietro: non cercava più Euridice ma qualcosa di più importante, cercava se stesso:
ORFEO: Sciocchezze. Euridice morendo divenne altra cosa. Quell’Orfeo che discese nell’Ade, non era più sposo né vedovo. Il mio pianto d’allora fu come i pianti che si fanno da ragazzo e si sorride a ricordarli. La stagione è passata. Io cercavo, piangendo, non più lei ma me stesso. Un destino, se vuoi. Mi ascoltavo.
BACCA: Molte di noi ti vengon dietro perché credevano a questo tuo pianto. Tu ci hai dunque ingannate?
ORFEO: O Bacca, Bacca, non vuoi proprio capire? Il mio destino non tradisce. Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo.
La traccia proposta alla maturità, però, sembrava obbligare a una sola direzione argomentativa. Al rispetto, parola 2024 del Dizionario Treccani3, si contrapponevano esplicitamente violenza, indifferenza, noncuranza, sufficienza, insolenza, disprezzo, spregio. Sarebbe stato impensabile, forse provocatorio, scrivere a favore di questi comportamenti negativi, o sostenere argomenti che ne giustificassero la preferibilità.
E se qualcuno non rispetta?
E qui emerge una domanda cruciale. Qualunque docente sentito fare questo discorso ai suoi alunni, o ai suoi colleghi, magari l’ha fatto lui o lei stessa.
Cosa succede quando rispetto e non vengo rispettato?
La questione ha una rilevanza educativa fondamentale: storicamente “avere rispetto” era associato a una logica gerarchica. Rispettare significava mostrare deferenza verso chi occupava una posizione superiore, verso l’autorità, l’adulto rispetto al bambino, lo studente verso il docente.
Nella pratica quotidiana in aula, questo paradosso è evidente: vogliamo studenti che pensino con la loro testa, ma imponiamo loro cosa e come pensare. Desideriamo che sviluppino spirito critico, ma forniamo tracce di esame che delimitano nettamente ciò che è accettabile affermare.
La vera sfida è comprendere che il rispetto non è una scelta binaria: o rispetti o non rispetti.
È più profondo di così, è come un passo indietro per cogliere meglio qualcosa che può sfuggire, ha a che fare con la propria identità.
Don Claudio Burgio racconta come è nata la sua opera nel carcere Beccaria e nella comunità Kairos:
“Il ragazzo incontrato in oratorio, dopo qualche giorno, mi consegnò il suo nome: ancora oggi, per rispetto, lo tengo riservato, perché consegnare il nome è affidare la propria identità, la propria storia familiare e personale, è fidarsi dell’altro. Tutto ciò merita rispetto4”.
L’altro è la strada
Forse, come ha intuito Pavese, il cuore del rispetto sta proprio nel ri-guardare la propria storia, voltarsi per osservare il percorso fatto fino a quel momento, per acquisire consapevolezza della propria identità.
Non è possibile riconoscere e rispettare profondamente l’identità dell’altro, la sua libertà, se non si è prima capaci di riconoscerla e rispettarla in sé stessi.
E allo stesso tempo l’altro è la strada, l’Euridice che vado a cercare per poter trovare me stesso.
“È banale, scrive Emmanuel Levinas, dire che noi non esistiamo mai al singolare. Simao circondati da esseri e da cose con cui ci teniamo costantemente in relazione. Per mezzo della vista, del tatto, della simpatia, del lavoro in comune, noi siamo insieme con gli altri5”.
Ma cosa succede quando qualcuno decide di non rispettare? Le parole di don Claudio Burgio sono esemplari:
L’insistenza è forte. “Alin, non posso trattenerti. Il giudice oggi ti ha scarcerato; sei libero. Mi piacerebbe davvero che tu un giorno cambiassi vita, ma oggi non posso sostituirmi alla tua libertà. Se tu fossi così convinto, vai… fai la tua strada e che il Signore ti accompagni più di quello che ho saputo fare io”. Questo è il rischio educativo. Non puoi mai costringere. (…) Questa è l’adolescenza, questo è il mistero dell’uomo, mai riconducibile a schemi precostituiti.
Solo una identità autenticamente libera è capace di rispettare l’elemento più impalpabile e prezioso dell’altro: la sua libertà.
Sono libera abbastanza da poter rispettare l’altro, lo studente, mentre gli insegno, lo correggo, lo educo?
Buon caffè ☕
Simona
“Si fermò e, ahimè! vinto nell’animo, guardò la sua Euridice alla luce immemore”.
A voler essere certosini e un po’ pedanti, i significati che può assumere rispetto/rispettare sono molti:
trattare con stima, considerazione, deferenza: rispettare i genitori
avere cura della propria dignità: rispettare se stessi
riconoscere diritti, dignità, valori altrui: rispettare opinioni, ambiente, arte
osservare, conformarsi a norme, regole, impegni: rispettare leggi, orari, promesse
tradurre o interpretare fedelmente: rispettare il testo originale
affermare la propria volontà o autorità: farsi rispettare non tollerando soprusi
realizzare una relazione reciproca: rispettarsi a vicenda
pag. 24-25 di Non esistono ragazzi cattivi, 2010 Ed. Paoline.
pag. 19, E. Levinas, Il tempo e l’altro, Genova 1987.