⏳#4 Gestione del tempo
Questa è la quarta newsletter del 2025: chi non ha testa abbia gambe, ovvero della disperazione che coglie all'accumularsi delle incombenze...
Chi non ha testa, abbia gambe
In questa settimana mi sono ritrovata sommersa di cose da fare, inseguendo il tempo che perdevo a risolvere i problemi che spuntavano come funghi sotto la pioggia. Mia mamma dice sempre “chi non ha testa abbia gambe”: se sei distratto e fai le cose con superficialità, poi dovrai recuperare dopo lavorando il doppio.
Il tempo è inflessibile: non concede proroghe, non negozia. Io e lui abbiamo un rapporto conflittuale, come due vecchi nemici che non perdono occasione di farsi lo sgambetto, ma sanno di non potersi abbandonare.
Questa settimana ho fatto una promessa solenne: imparare a scrivere entro un limite. Non pagine, non parole, ma minuti. Perché il vero nodo della gestione del tempo non è l’organizzazione, è l’accettazione dei confini.
La legge dell’olio: quando le attività si autoespandono
Ho osservato una verità universale: se non delimito un’attività con un inizio e una fine precisi, questa divora ogni spazio disponibile, come una macchia d’olio su un tessuto. Senza un timer, il cervello si adagia nell’illusione dell’eterno “ancora un attimo, ancora cinque minuti”. Eppure, esistono tecniche per “addomesticare” questa tendenza:
La pianificazione strategica (non liste infinite, ma 3 priorità al giorno);
La tecnica del Pomodoro (25 minuti di focus, 5 di pausa: una catena di micro-vittorie). È un metodo di gestione del tempo sviluppato da Francesco Cirillo alla fine degli anni '80. Questo approccio si basa sull'uso di un timer da cucina (quelli a forma di pomodoro) per suddividere il lavoro in intervalli di 25 minuti, seguiti da brevi pause di 5 minuti. Dopo quattro pomodori, si prende una pausa più lunga, di 15-30 minuti.
Il principio di Pareto (l’80% dei risultati nasce dal 20% delle azioni: deve il nome all'economista italiano Vilfredo Pareto che lo propose nel lontano 1895);
La regola dei 2 minuti (se qualcosa richiede meno di 120 secondi, falla subito: un principio di gestione del tempo ideato da David Allen, autore del libro Getting Things Done, per evitare la procrastinazione).
Ma la sfida più grande è culturale: crediamo che più tempo investiamo, migliori siano i risultati. Falso. I miei studenti ne sono la prova: “Prof, ho studiato 5 ore ieri!”, dicono, orgogliosi. Peccato che l’interrogazione sia un disastro. Spiego loro la legge dei rendimenti decrescenti: dopo 40 minuti di studio continuativo, il cervello assimila solo briciole. Meglio 20 minuti al giorno per 10 giorni, con ripetizioni spaced1. Lo chiamo “l’effetto goccia”: l’acqua scava la roccia non per la sua forza, ma per la costanza. Gutta cavat lapidem.
Il paradosso dell’insegnante
Insegnare è un esercizio di disciplina gentile. Ogni giorno ripeto le stesse regole, correggo gli stessi errori, affronto le stesse resistenze. È come scolpire il marmo con un cucchiaino: servono pazienza e rituali.
Ho un mio tallone d’Achille: il disordine. Le ricerche dicono che il caos favorisce l’innovazione e la creatività, ma senza un’agenda strutturata, affogherei in un mare di fogli volanti e appunti smarriti. Dovrei veramente correre come il vento, dimenticandomi di ripetere le stesse cose ai miei studenti.
Einstein sbaglia?
Einstein aveva ragione sulla fisica, ma nella vita quotidiana il tempo è un tiranno molto democratico: 24 ore per tutti, senza sconti. La mia agenda è un campo di battaglia tra pianificazione e imprevisti. Questa settimana, per esempio:
Emergenze domestiche: ladri di bici, docce che perdono, elettrodomestici in sciopero;
Crisi scolastiche: blatte in albergo, alunne svenute, genitori furiosi;
Eventi sociali: due funerali, un caffè salvifico con un collega, una cena con un’amica.
Gli imprevisti non sono eccezioni, sono la regola. Ecco perché ho imparato a pianificare il non pianificabile: lascio “spazi bianchi” nell’agenda, come pause strategiche per assorbire gli urti.
Ancore di salvezza
In mezzo al turbine, tre rituali mi tengono a galla:
20 minuti di yoga all’alba (anche se la lavatrice perde);
30 minuti di progettazione didattica (prima che arrivi l’email della mamma arrabbiata);
1 ora di scrittura serale (dopo aver sistemato i figli, ma prima che esploda la cassetta dell’acqua).
Sono micro-abitudini che funzionano come ancore: non fermano la tempesta, ma impediscono alla nave di capovolgersi.
La verità
La verità è che il tempo ben speso è quello che doniamo agli altri.
Alla fine, la gestione del tempo non è una questione di produttività, ma di significato. Quel caffè con un collega, la chiacchiera rapida con i figli prima di dormire, la risata con un’amica: sono attimi che non compaiono nelle to-do list degli strateghi della pianificazione, ma danno ossigeno alle giornate. Come scriveva Borges: “Il tempo è la sostanza di cui sono fatto”. E in questa sostanza, ciò che conta non è quanti minuti controlliamo, ma quanti momenti riempiamo di umanità.
E infine un esercizio (se avete 2 minuti):
Prendete un foglio e dividetelo in due colonne. A sinistra, scrivete le 3 attività che vi rubano più tempo. A destra, le 3 relazioni che vorreste coltivare. Bruciate la colonna di sinistra.
Buon caffè,
Simona ☕
(disordinata ma tenace)
PS: Se questa newsletter vi è piaciuta, condividetela con chi lotta ogni giorno contro l’orologio e altri fantasmi. E se avete trucchi personali per non farsi divorare dal tempo, scrivetemi. Ve ne sarò grata.
La ripetizione spaziata sfrutta lo “spacing effect”, un fenomeno psicologico che fa sì che le informazioni sono più facilmente memorizzabili quando vengono ripetute in modo distribuito nel tempo, piuttosto che in sessioni concentrate. In pratica, invece di rivedere un argomento molte volte in un breve lasso di tempo, si ripete l'argomento a intervalli sempre più ampi, per consolidare la memoria.