✨#6 Leadership trasformazionale
Questa è la sesta newsletter del 2025: da una birra a Virgilio, Dante e l'arte di cambiare forma alle cose, scappando da caverne digitali per "riveder le stelle"
“Sai cosa mi ha risposto la prof di mio figlio?”, mi chiede Sara mentre sono appollaiata al bancone della taproom del Birrificio Rurale1.
Della professoressa che ce l’ha su con il malcapitato figlio di qualcuno e, finalmente dopo mesi, se va bene, si riesce a venire a capo della situazione, sono piene le cronache di Instagram (e di tutti gli altri social). Pare che la docente, nel caso in ispecie, dopo mesi di tentativi di gestire una situazione complicata (sopratutto per il ragazzo), non ce l’abbia davvero con il ragazzo, bensì con un episodio in cui si è sentita presa in giro.
Questi episodi, che capitano troppo spesso, logorano e deteriorano inutilmente la relazione educativa. A mio parere, il malessere degli ultimi mesi è da attribuire alla docente che non è riuscita a trasformare un corto circuito comunicativo in un dialogo costruttivo.
Come affrontare il cambiamento
Gli esperti sostengono che la leadership trasformazionale2 sia particolarmente adatta ai tempi che viviamo, perché sa gestire il cambiamento. In un’epoca di incertezze e rapide evoluzioni, gli studenti rappresentano l’essenza della trasformazione: è nel percorso scolastico che si assiste alla crescita più impattante dell’essere umano.
Carla A. Harris, tra le 50 persone più influenti secondo Fortune e figura di rilievo nella finanza americana, afferma che uno dei principi della leadership – il settimo, per la precisione – consiste nell’“essere in grado di trasformare le persone, le situazioni e se stessi”.
In questo contesto, l’autrice del bestseller “Leadership vincente” (anche se, onestamente, il libro è scritto male) definisce il leader trasformazionale con quattro caratteristiche fondamentali:
Ponderato
Trasparente
Tenace
Eminente (o, come preferisco, “carismatico”)
Se ci si fa un poco caso, sono tutti elementi che agevolano la professione del docente senza stravolgere la propria personalità3. Ogni insegnante sa che per cambiare non bisogna accontentarsi del “si è sempre fatto così” e che per costruire un rapporto di fiducia è necessaria la trasparenza. Non è neanche un mistero che serva una indomabile tenacia per far fronte a tutti gli ostacoli che si presentano nella sfida dell’apprendimento.
La trasparenza, scrive la Harris, è uno degli ingredienti fondamentali per creare fiducia.
E, ultimo punto, ma non meno importante: occorre elevarsi al di sopra delle critiche, sorvolare sul rumore di fondo, non desistere dai propri piani.
Devi elevarti al di sopra del rumore di fondo, scrive la Harris.
Come elevarsi al di sopra delle critiche
Non a caso trovo che cada a fagiuolo, il focus Group proposto da @discentis su “Percezioni e stereotipi: l’immagine sociale della professione docente”:

Tanto più che anche le proposte culturali4 per la scuola veicolano una immagine “vecchia”, romanticamente lontana, che non esiste più.
Una rivoluzione dal basso
Ricordo, quando ancora esisteva la Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento, che uno dei manuali insisteva particolarmente sul ruolo di leader del docente. C’è della logica: l’insegnante deve essere una figura carismatica perché il suo compito è formare menti.
Nelle relazioni interpersonali, ciò che conta davvero è come ci percepiamo, più che come ci vedono gli altri. Spesso, incontrando una persona inizialmente antipatica, scopriremo, conoscendola meglio, che la sua compagnia è piacevole. Questo ci insegna che approfondire la conoscenza può smantellare i pregiudizi: non possiamo più dare per scontato che il ruolo di insegnante garantisca automaticamente deferenza e rispetto, come magari avviene nelle situazioni più formali. Dovremmo mostrarci, farci conoscere, smetterla di trincerarci dietro un dito.
In un articolo pubblicato sul “Journal of Educational Administration” della Emerald Publishing si delinea come il dirigente scolastico potrebbe/dovrebbe utilmente scegliere di lavorare in tal senso per guidare le scuole verso un apprendimento più profondo. Secondo gli autori, invece di trasmettere esclusivamente conoscenze dichiarative, le scuole dovrebbero dare la priorità all'insegnamento agli studenti non solo per padroneggiare i concetti critici, ma anche per applicare le loro conoscenze per risolvere problemi autentici in contesti reali5. Per ottenere risultati quali l'implementazione e l'adozione di un apprendimento più approfondito, la leadership trasformazionale è risultata essere più efficace. I leader trasformazionali hanno una visione più ampia e affrontano fattori sistemici come la collaborazione tra insegnanti, le normative di valutazione e l'uso efficace del tempo e dello spazio all'interno delle scuole.
Certo. Il dirigente scolastico. Non i docenti, giusto?
Dal mio punto di vista, se aspettiamo che qualche politico illuminato dia nuovo corso alla conduzione delle istituzioni scolastiche, potremmo vedere ritornare i dinosauri sulla terra. Sarebbe utile che i docenti si scrollassero di dosso la pesantezza dei giudizi e guidassero una rivoluzione dal basso, l’unica che possa funzionare, imparando prima di tutto una nuova consapevolezza.
Perché, allora, non impegnarci attivamente a guidare i cambiamenti in atto, diventando protagonisti del nostro destino, anziché subire passivamente decisioni di cui ci lamentiamo?
La lezione del Play-Doh
Un recente studio del dicembre 2024, apparso sull'Open Journal of Business and Management introduce il framework CALL (Challenges, Adaptation, Leadership, Learning) per guidare i cambiamenti organizzativi. L’elemento chiave per sostenere le sfide, adattarsi e guidare il cambiamento è, si sottolinea, l’apprendimento continuo: la capacità di osservare la realtà con curiosità, a 360 gradi, senza pregiudizi e paraocchi.
Bisogna avere il coraggio di ricominciare da capo e, addirittura a volte, ripartire da zero.
Il Play-Doh6, racconta Carla A. Harris, nacque come detergente per stufe a carbone negli anni ’30. Con l’avvento del riscaldamento a gas, l’azienda stava fallendo, finché la cognata di McVicker (maestra d’asilo) non lo usò in classe. I bambini adoravano modellarlo. Nacque così un gioco cult, oggi venduto in 2 miliardi di vasetti.
Virgilio contro l’effetto Flynn inverso
Leader è chi guida un team verso obiettivi. Tecnicamente, è il docente che conduce una classe al successo formativo, come Virgilio conduce Dante dalla selva oscura fino al Paradiso terrestre, “libero, dritto e sano”.
Ogni insegnante dovrebbe sentirsi un “dolce duca”, che accompagna il suo allievo attraverso gli ostacoli guidandolo in una trasformazione che lo renda capace di raggiungere le sfere più alte.
Peccato che sembri che, a furia di guardare il mondo attraverso lo schermo da 10 pollici o poco più del cellulare, anche la visione dei nostri studenti si sia “ristretta”: è il fenomeno dell’effetto Flynn inverso. Questo fenomeno rappresenta un'inversione del cosiddetto effetto Flynn7 (dal nome del ricercatore neozelandese James R. Flynn, che negli anni '80 documentò un aumento costante dei punteggi di QI nel corso del XX secolo), una tendenza osservata in alcune nazioni sviluppate dove, dopo decenni di incremento, i punteggi medi del quoziente intellettivo (QI) hanno iniziato a diminuire.
Come li traini su per la montagna del Purgatorio? Finiamo dritti nelle bocche di Lucifero!
L’idea che mi frulla in testa è che non possiamo che allenarci ad essere dei leader trasformazionali, con le caratteristiche di cui abbiamo parlato, perché occorre essere tenaci, carismatici, coraggiosi e determinati nel gestire il cambiamento.
E di-vertire i nostri studenti: per mutare forma sarà necessario spostare l’attenzione altrove, appunto di-vertere, nel senso etimologico di volgere altrove, staccare gli sguardi dai 10 pollici in cui credono di conoscere il mondo e la vita, senza farne esperienza.
Come in un adattamento contemporaneo del mito della caverna di Platone: uscire (anche noi) dal medium, dallo strumento che ci fa vedere tutto (quello che vogliono altri), lasciarci abbacinare dalla realtà delle cose finalmente alla luce.
Con Virgilio dobbiamo salire “a riveder le stelle”.
Buon caffè,
Simona ☕
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Amo la birra artigianale (quella davvero buona) e non ne faccio alcun mistero: questo è uno dei miei posti del cuore.
Si contrappone alla più tradizionale leadership transazionale, in cui il lavoro è considerato una merce di scambio, “una transazione”, che viene riconosciuta con premi e incentivi o viceversa punizioni. Il concetto è stato introdotto nel 1978 da James MacGregor Burns. I suoi studi sono stati ulteriormente sviluppati da Bernard M. Bass e Ronald E.Riggio, che analizzano i quattro pilastri principali: motivazione intrinseca, stimolazione intellettuale, considerazione individuale e influenza ideale. Qui, un approfondimento.
La descrizione dettagliata si trova da pag 183 e segg.
1. Il primo punto è spiegato in questo modo: “I leader trasformazionali e innovativi pensano al di fuori del coro. Sviluppano strategie innovative che cercano di cambiare il modo in cui “si fanno le cose” in un determinato settore”. Ma spesso i collaboratori non sanno come attuare quella rivoluzione, perciò il leader deve avere un approccio strategico definito: “quando pianifichi una trasformazione devi essere il più specifico possibile circa gli obiettivi intermedi e le risorse necessarie. Devi ragionare in modo critico su ciò che potrai fare nel concreto per dimostrare e comunicare il cambiamento previsto e i vantaggi da esso derivanti, sopratutto nei primi trimestri”.
2. Il secondo punto è facilmente intuibile: “la trasparenza, scrive la Harris, è uno degli ingredienti fondamentali per creare fiducia. (…) Perfino di fronte all’ignoto, la trasparenza del leader in merito a ciò che sa o non sa fa sentire i membri del team più a loro agio rispetto al cambiamento, e li spinge ad andare avanti insieme”.
3. Si possono successi “grazie a un leader trasformazionale abbastanza tenace da avviare, portare avanti, modificare se necessario e portare a termine il progetto di trasformazione. (…) Essere tenaci significa tornare sul proprio piano e continuare a modificarlo finché non si raggiunge il risultato desiderato”.
4. Secondo la Harris, “eminente” implica il distinguersi dagli altri, essere eccellenti. Se la maggior parte dei leader ordinari si lascia distrarre nella necessità di difendere i propri piani dai detrattori così da scoraggiarsi e addirittura abbandonare i propri progetti, il leader trasformazionale è in grado “di passare sopra alle inevitabili critiche e ai commenti negativi che si leveranno durante le fasi di cambiamento. (…) … devi elevarti al di sopra del rumore di fondo”.
Ieri sera sono stata a vedere lo spettacolo teatrale “Fuori misura”, testo di Valeria Cavalli: l’attore è sicuramente bravo, quando si tratta di Giacomino Leopardi il mio cuore si smuove, ma accidenti quanti stereotipi sulla scuola! La scuola che compare in scena non esiste più, forse esisteva negli anni ’50, e un po’ mi urta, anzi mi urta tanto che uno spettacolo che ha la pretesa di raccontare “Leopardi come non l’ha raccontato nessuno”, dia tanto spazio a fronzoli inutili invece che a Leopardi stesso (aggiungo che ci sono davvero tanti spunti interessanti ma è come se non venissero approfonditi, si resta sulla superficie, ci si poteva lavorare di più e meglio).
“This research examines the characteristics of a “new grammar of schooling” that effectively meets the demands of the 21st century. Rather than solely transmitting declarative knowledge, schools should prioritize teaching students not only to master critical concepts but also to apply their knowledge to solve authentic problems in real-world contexts. Sustainable learning requires an active approach that empowers student agency, co-agency and well-being (Cavagnetto et al., 2020; OECD, 2019; Salmela-Aro, 2017; Vaughn, 2020), while also emphasizing the acquisition of essential 21st-century skills knownas the “4Cs”: communication, collaboration, critical thinking and creativity (Trilling and Fadel, 2009). The integration of these skills with subject-matter knowledge is vital and necessitates the development of new forms of “situated” learning,where knowledge acquisition is systematically linked to the acquisition of 21st-century skills (Sliwka and Klopsch, 2022, p. 12). This paper argues for the necessity of a deeper learning model to align the traditional transmissive model of knowledge acquisition through teaching (Voss et al., 2011) with a constructivist understanding of learning (Hartinger et al., 2006), which views students as self-regulated actors driving their learning process”.
“L'azienda era stata fondata da Joseph McVicker e il Play-Doh era usato come sostanza per la rimozione dei residui di carbone prodotti dalle stufe da carta da parati e altre superfici. Quando negli anni Cinquanta si passò ai riscaldamenti a gasolio e a gas, la domanda relativa al prodotto subì un crollo e per poco l'azienda non falli. La cognata di McVicker, maestra d'asilo, usava quel prodotto durante le sue lezioni di educazione artistica e scoprì che i bambini amavano giocarci per creare forme diverse. Fu allora che McVicker si rese conto di avere tra le mani un nuovo prodotto che avrebbe potuto vendere ai bambini. Si mosse in fretta cambiando colore al prodotto, e fu così che nacque uno dei più famosi giochi per bambini. Due miliardi di vasetti dopo, l'azienda continua a rappresentare un importante asset e fa parte della gamma di prodotti Hasbro”.