🚶🏻♀️➡️🚶🏻♀️➡️🚶🏻♀️➡️Cammina cammina
Questa è la ventinovesima newsletter del 2024. Dove racconto di una passeggiata sulla scogliera ligure, di metafore concettuali, fiabe e intenzioni.
A me piace camminare. Quando cammino mi accorgo del mio respiro. E perciò faccio in modo di ritagliarmi sempre un’ora in cui cammino.
Così tento un piccolo esperimento: vado su perplexity.ai (una intelligenza artificiale che coniuga la ricerca Google alle spiegazioni di ChatGPT) e digito (non è necessario loggarsi o iscriversi per usarlo sporadicamente) “benefici del camminare”.
Ottengo una ricerca accurata. Si vantano meraviglie di quanto si possa ottenere con soli 30 minuti di passeggiata per l’apparato cardio circolatorio perché migliora l’ossigenazione dei tessuti, per le articolazioni anche in chi non può correre, per la salute mentale perché riduce i livelli di cortisolo, diminuendo lo stress, ma permette pure di socializzare. E chi più ne ha… È praticabile da tutti e per di più è gratis. Insomma, un vero toccasana.
Molti camminano perché il trend del momento dice che è un modo sano di tenersi in forma. Ed è vero. Ma appunto è un po’ la massa che spinge su questa attività (tanto che esiste anche la camminata fit). Oppure si scattano le foto da postare sui social (questo è uno scorcio della passeggiata della scogliera tra Paraggi e Portofino).
Ma il significato del camminare è davvero molto più profondo di così.
Mio figlio esce di casa arrabbiato e si mette a camminare fino a che gli passa.
Io ho bisogno di uno spazio per pensare e mi metto a camminare.
La mia amica vuole prendersi una pausa rinvigorente e mi propone una passeggiata.
Sveglia alle 5 del mattino alle 7 siamo già in Stazione Centrale brulicante come a qualsiasi ora di punta in un giorno feriale. Caffè al volo “per non perdere la priorità acquisita” sul posto a sedere. Arriviamo a Santa Margherita Ligure con quel ritardo che fa tanto vacanza old style, giusto per ricordarci che siamo in Italia e che le Ferrovie sono sempre le stesse anche se adesso abbiamo il fresco sui treni regionali.
Scendiamo a Santa Margherita Ligure e il cielo non promette bene. Ma io e la mia amica al momento abbiamo un obiettivo che è quello di raggiungere la focaccia al formaggio.
Rifletto che le mie amiche, quelle “storiche” (nel senso che c’è il tempo che ci unisce), per quanto diversissime tra loro, hanno come tratto in comune, l’amore per il camminare (a livello amatoriale).
E camminiamo. C’è il vento e il mare verde. La strada costeggia la scogliera, qualche barca si perde all’orizzonte, il cielo azzurro è attraversato da soffici nuvole.
Ciò che vivo conferma il mio pensiero. Camminare è molto più di una attività fisica. Prima di ogni cosa è una attività mentale: è la capacità che abbiamo di metterci in movimento per raggiungere un luogo, una destinazione, un obiettivo. Deve esserci una intenzione che ci guida.
Non ci accorgiamo quasi mai che lo diciamo trascurando questo aspetto.
Mark Johnson scrive nel suo “Embodied mind, meaning and reason”:
“Considera, ad esempio, come comprendiamo l'espressione Abbiamo una lunga strada da fare prima che la nostra teoria sia finita. Perché possiamo usare la frase una lunga strada da percorrere, che riguarda letteralmente la distanza in movimento attraverso lo spazio, per parlare del completamento di un progetto mentale (cioè lo sviluppo di una teoria)?1”
Mark Johnson è un filosofo e insegna all’Università dell’Oregon, ha scritto un libro bellissimo con Georg Lakoff, che è invece un linguista eccezionale, tradotto in italiano da ROI Edizioni, “Metafora e vita quotidiana”: la tesi proposta dai due studiosi è che il nostro linguaggio manifesta come noi percepiamo il mondo proprio a partire dalla nostra corporeità, e infatti le metafore che utilizziamo per descrivere la realtà prendono le mosse da quello che il nostro corpo ci insegna. Perciò Johnson continua:
“La risposta è che c'è una metafora concettuale LE ATTIVITÀ INTENZIONALI SONO VIAGGI, attraverso le quali comprendiamo il progresso verso qualche obiettivo non fisico come progresso nel muoversi verso qualche destinazione. La metafora consiste nella seguente mappatura concettuale:
Questa mappatura concettuale fa anche uso di una delle nostre metafore più basilari per comprendere il passare del tempo, in cui il cambiamento temporale è inteso metaforicamente come movimento lungo un percorso verso qualche luogo”.2
Quando io cammino parto da un punto A e raggiungo un punto B, il movimento che attraversa i miei muscoli e le mie articolazioni non lascia indifferente la mente, che mette in moto i pensieri che mi accompagnano. Gli ostacoli sono come i sassolini che Don Abbondio scaccia con il piede perché non intralcino il suo cammino e io posso scegliere di attraversali, scansarli o aggirarli.
Per lo stesso meccanismo utilizziamo la metafora “GLI SCOPI SONO DESTINAZIONI” che è compresa all’interno della metafora “LE ATTIVITÀ INTENZIONALI SONO VIAGGI”. E se, come suggerisce Johnson, ci spostiamo nell’ambito temporale sappiamo riconoscere la metafora della vita come cammino.
Non è diversa la logica che incontriamo nelle fiabe per bambini, quando ad un certo punto arriva l’iterativo “cammina cammina” per indicare un tempo indefinito in cui l’eroe della storia si mette in marcia per raggiungere il suo destino e affrontare il drago, liberare la principessa, diventare il re. Oppure quando noi ci sorprendiamo a dire “passo dopo passo” con l’intento di descrivere un cammino da affrontare con pazienza e determinazione, se si vuole raggiungere qualcosa.
Quando il nostro camminare è una attività intenzionale allora inevitabilmente si trasforma in un viaggio. Lo scopo, ovvero la destinazione da raggiungere, può essere variegato: il movimento può ammansire la tempesta che mi brucia dentro, oppure raggiungere una tappa mi offre la possibilità di vedere le cose da un altro punto di vista o di fare chiarezza dentro di me, come succede a Francesco Petrarca quando sale sul Monte Ventoso, o ancora può essere l’occasione di aprirsi con un’altra persona con cui si cammina…
Le storie ce lo insegnano: quando ci si mette in cammino può succedere di tutto. Ma occorre appunto intenzionalmente mettersi in cammino. Il corpo insegna qualcosa alla mente, che ne giova e si attiva più leggera.
Le vacanze possono essere un buon momento per coltivare questa predisposizione a mettersi in moto, con il corpo, con il pensiero e con l’azione. Perché sennò stai fermo immobile senza respiro.
Buon caffè (io ho preso la crema caffè)
Simona ☕️
PS: Le foto di questo lunedì sono tratte dalla mia recente passeggiata
Mark Johnson, “Embodied mind, meaning and reason. How our bodies give rise to understanding”, 2017 The University of Chicago Press, pag 87 e 88 (la traduzione è mia)
Ibidem.
Anche a me piace camminare (anche se non credo riuscirei ad alzarmi alle 5 per essere 'attiva' alle 7!), però in questa pratica - contrariamente a quanto riesco a fare nel lavoro - assegno troppa importanza alla meta, al tempo minimo per raggiungerla. E infatti quasi non osservo il paesaggio...