🌻 Crescere è traumatico
Insegnare di più. Questa è la trentaquattresima newsletter del 2024. Dove ci soffermiamo a parlare di creatività, limiti, crescite. Alla ricerca di un significato "grande" per l'insegnamento.
Crescere non ha soluzioni
Mia sorella, in questa estate molto particolare, mi ha fatto recapitare alla casa al mare due tele e un set di pennelli al mare con una serie di colori acrilici e altri che non ho capito. Il messaggio era: sei stressata, rilassati, che ci stai stressando.
A parte l’incomprensione che noi poveri iperattivi incontriamo nella società, l’episodio mi ha fatto pensare a tutte le volte che si affronta nel contesto scuola/didattica l’argomento “creatività”.
C’è un modo di propinare la creatività come libertà a tutti i costi, uscire fuori dai vincoli, lasciare spazio all’immaginazione. Sicuramente in questa retorica ci sarà pure del vero, ma non comprendo la necessità di una spinta eccessiva, quasi un obbligo nel proporre una “didattica creativa”.
Quanti progetti scolastici, proposte di libri, consegne di compiti ed esercizi, laboratori, corsi e chi più ne ha più ne metta mettono in evidenza l’alto obiettivo: “stimolare la creatività”. Come soluzione alla problematica angoscia del crescere.
Perché nell’era dello smartphone e di Tik tok le nuove generazioni, quelle della Gen Z, sono sempre più annoiate, abuliche e omologate. E nell’epoca delle povertà educative c’è da pensare che la scuola sia l’unico luogo dove si ponga un simile interrogativo.
La creatività è sottrazione
Qual è la formula magica della creatività allora? Come si fa a staccare dallo schermo questi mostri che abbiamo creato e farli volare nell’empireo creativo con Picasso e Mozart? Quali sono le azioni migliori per coinvolgere e spingere ad essere creativi, trovare una passione che motivi la propria esistenza, a realizzare cose grandi?
Quando ho letto “Ruba come un artista”, l’agile libercolo di Austin Kleon che mi regalò l’altra mia sorella (tutte preoccupate della mia creatività!), restai colpita in particolare da uno dei 10 consigli.
Austin Kleon è un quarantenne guru della creatività che si definisce “uno scrittore che disegna”. Esperto di comunicazione, pensiero creativo e visivo, ex bibliotecario, ex web designer ed ex pubblicitario, attualmente è consulente e relatore per Pixar, Google, The Economist, AIGA, SXSW, TEDx, Foursquare, 20x200: i suoi libri sulla creatività sono bestseller mondiali.
Il consiglio numero 10 recita:
10. La creatività è sottrazione. Individua ciò che vuoi fare. Non cercare scuse: i tuoi limiti e gli impedimenti rendono interessante la tua opera!
Kleon attribuisce un ruolo considerevole ai limiti, ai vincoli, alle regole: sono proprio i limiti che scatenano la creatività perché consentono di ancorarla e trascendere i vincoli imposti. Ad esempio, realizzare un disegno solo con i colori caldi o scrivere qualcosa in un tempo X. Ma anche l’importanza di rispettare una routine.
Una citazione su X (Twitter) tratta da “Tieni duro” aggiunge:
Quando hai poco tempo, la routine ti aiuta a sfruttarlo al massimo. Quando hai tutto il tempo del mondo, la routine ti aiuta a non sprecarlo. La routine non ci toglie libertà, anzi, ce la offre, proteggendoci dai su-e-giù della vita e aiutandoci a sfruttare quella limitata quantità di tempo, energia e talento che abbiamo
Possiamo imprimere l’impulso più forte alla creatività attraverso le regole e i limiti che la scuola, in quanto istituzione, richiede. È molto più utile di qualunque altro progetto super luccicoso, che fa fare tante views sui social.
Sempre che ti interessi la creatività degli studenti.
Su questo mi sento di precisare però una cosa: riempire la nostra vita di regole, è ridicolo. La vita ha già tanti limiti (più ci evolviamo e più abbiamo limiti).
Quali regole possono aiutarti nel percorso? Su che cosa non sei disposta o disposto a cedere? Quale potrebbe essere condensata in poche parole?
Nella mia esperienza sono state sufficienti poche regole, per amore di tradizione preferisco il numero 3. Tre regole che possano condensarsi in una, magari. Tipo. Alza la mano prima di parlare. O: Fai lo schema. O ancora: Non parlare quando si spiega.
Si dice che siano meglio le regole che non iniziano con una negazione, in quanto rappresentano una proibizione. Ma insomma, non credo sia il caso di farci troppe pippe mentali. Secondo me, il problema è che le proibizioni sono più prescrittive, più pesanti da sostenere: se ce ne sono troppe, non funzionano, ma una o due serie, rendono il loro servigio.
E qua, nella mia convinzione didattica, mi sono posta un interrogativo etico.
Una conquista interiore
Ci sono alcuni, troppi, studenti che mi fanno stringere il cuore per le limitazioni che vedo nella loro vita: devo imporgli altri pesi? Altre sofferenze? Hanno davvero bisogno dei vincoli che gli impongo io per stimolare la creatività?
Però, (nella mia testa siamo in tanti a parlare) questo significa che nel nostro immaginario i limiti sono sofferenze o privazioni? Significa anche che potrei avere un atteggiamento più permissivo o tollerante nei confronti di chi (a mio insindacabile giudizio) è più sofferente di altri? Come agire facendo meno male possibile?
E la risposta la suggerisce Viktor Frankl1.
Non molti lo conoscono.
Viktor Frankl (1905-1997) è stato uno psichiatra e neurologo austriaco, noto soprattutto per essere il fondatore della logoterapia, un approccio psicoterapeutico basato sulla ricerca di significato nella vita. Nella primavera del 1946 pubblica un libretto di memorie, “Uno psicologo nei lager”. Era stato deportato nel settembre 1942 a Theresienstadt, in Boemia, poi ad Auschwitz, in Polonia, Kaufering III e Türkheim (due filiali di Dachau) in Baviera.

In sintesi, il messaggio del libro è che la vita vale la pena di essere vissuta in qualunque situazione, o meglio, che l’essere umano è capace, anche nelle peggiori condizioni di vita, di “mutare la tragedia personale in un trionfo”.
E questo non vale solo per l’esperienza dei lager, universalmente riconosciuta come tra le più traumatiche (se non la più traumatica) della storia umana, ma per tutte le situazioni-limite: la sofferenza, la malattia, la disabilità, il lutto, i divorzi, la povertà… Cioè le persone sono capaci non solo di resistere, ma addirittura di crescere, nonostante gli urti della vita, e, a volte, grazie ad essi.
Non sono in grado di condensare o scegliere una frase da questo libricino. Ma potrei azzardare un estratto, optando per questo brano2:
Da quest'ultimo punto di vista, anche le reazioni degli internati nel campo di concentramento mostrano di essere qualcosa di più della semplice manifestazione di uno stato fisico, psichico e sociale, anche se tutti questi fattori - insieme al cibo povero di calorie, alla mancanza di sonno e ai più diversi "complessi" psichici - trascinano l'uomo alla rovina, avvicinandolo a una perfetta psiche da Lager. Sotto quest'ultimo riguardo, tutto ciò che accade all'anima dell'uomo, ciò che il Lager apparentemente "fa" di lui come uomo, è il frutto d'una decisione interna. In linea di principio, dunque, ogni uomo, anche se condizionato da gravissime circostanze esterne, può in qualche modo decidere che cosa sarà di lui - spiritualmente - nel lager: un internato tipico - o un uomo, che resta uomo anche qui e conserva intatta la dignità d'uomo.
Dostoevskij ha detto una volta: «Temo una cosa sola: di non essere degno del mio tormento». Ripensammo più d'una volta a queste parole quando abbiamo conosciuto uomini eroici, quasi dei martiri, che con il loro comportamento nel Lager, in mezzo a sofferenze e dolori, testimoniarono l'ultima e inalienabile libertà interna dell'uomo, gravemente compromessa. Avrebbero potuto dire a buon diritto che «furono degni del loro tormento». Hanno dimostrato che, soffrendo rettamente, si può realizzare qualcosa: una conquista interiore.
La libertà spirituale dell'uomo, quel bene che nessuno può sottrargli finché non esala l'ultimo respiro, fa sì ch'egli trovi, fino al suo ultimo respiro, il modo di plasmare coerentemente la propria vita.
La vita che tutti conduciamo presenta a volte delle situazioni-limite dove le privazioni rendono difficile crescere. Quello che testimonia lo studio di Frankl, messo alla prova dall’esperienza più cruda che abbiamo ereditato dal Novecento, è che gli eventi traumatici non portano solo ad uno stress, ma consentono anche una crescita post-traumatica.
La scuola non è un lager, e noi non vogliamo trasformarla in un campo di lavoro. Neanche in nome della creatività. A volte però viene “sentita” così, non perché lo sia, ma perché è la decisione interna a ciascuno che dirige l’atteggiamento (e il sentimento) che si ha nei confronti di qualcosa o qualcuno.
Forse si può, nel nostro piccolo, educare sollecitando una creatività “della vita”, anche a scuola.
Chissà se quelle poche regole “non contrattabili” che scegliamo di mantenere possono instillare nei nostri studenti la convinzione di potere “plasmare coerentemente la propria vita” in ogni circostanza.
La domanda che potremmo rivolgere a noi stessi potrebbe essere se noi, per primi, siamo certi e coscienti e consapevoli della ultima e inalienabile libertà di ciascun uomo, che nessuno può toglierci fino a che non esaliamo l’ultimo respiro.
E se questo fosse il significato dell’insegnare, non tremeresti in ogni fibra del tuo essere?
Buon caffè (non far cadere la tazzina!)
Simona ☕️
Nato a Vienna, si laureò in medicina all'Università di Vienna e lavorò come psichiatra prima della Seconda Guerra Mondiale. Durante il conflitto, fu deportato in diversi campi di concentramento nazisti, tra cui Auschwitz e Dachau. Sopravvisse all'Olocausto, ma perse tutta la sua famiglia. Questa esperienza traumatica influenzò profondamente il suo pensiero e il suo lavoro successivo. Frankl sviluppò la logoterapia basandosi in parte sulle sue esperienze nei campi. Questa teoria si concentra sulla ricerca di significato come principale motivazione umana, sostenendo che trovare uno scopo nella vita può aiutare le persone a superare anche le situazioni più difficili. La sua opera principale, "L'uomo in cerca di senso", pubblicata nel 1946, combina le sue esperienze nei campi con i principi della logoterapia ed è diventata un bestseller internazionale. Considerato uno dei fondatori della "Terza Scuola Viennese di Psicoterapia" (dopo Freud e Adler), Frankl ha enfatizzato l'importanza della spiritualità e del significato in psicoterapia, introducendo concetti come il "vuoto esistenziale" e la "volontà di significato". Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui dottorati honoris causa, e ha tenuto lezioni in università di tutto il mondo. È stato anche nominato per il Premio Nobel per la Pace. L'influenza di Frankl si estende ben oltre la psicologia, toccando campi come la filosofia e la teologia. La logoterapia continua ad essere praticata e studiata globalmente, e le sue idee sulla resilienza umana e sull'importanza del significato nella vita hanno lasciato un'impronta duratura nel pensiero contemporaneo.
pag. 84-85, Uno psicologo nei lager e altri scritti inediti, Viktor Frankl, 2023 Milano, Ed. Franco Angeli