🌱 Ispirazioni di primavera e mindset
Questa è la tredicesima newsletter del 2024. Parliamo di modelli e di sfide per non cadere nella trappola del "non si può fare" o "si è sempre fatto così". Perché tutto ri-inizia. Rallentando
Questa settimana segna una pausa dal nostro lavoro: ricordi la pianificazione che avevo ipotizzato all’inizio dell’anno?
“In sintesi possiamo dividere l’anno in 4 parti:
Da gennaio a marzo: lavoro duro, uno/due obiettivi e azioni serrate, a testa bassa. Come una maratona sulla lunga distanza.
Da aprile a giugno: ritmo più lento, si ricuce, si riprende, si torna indietro. Come chi scava in profondità per conservare ciò che è prezioso.
Da luglio a settembre: elaborazione delle idee, domande, riflessioni e progetti. Come chi ascolta il vento e quello che porta.
Da ottobre a dicembre: metodo di lavoro, accordi condivisivi, rilevazione dei problemi, ascolto, tanto ascolto. Come chi getta le reti un po’ qua e un po’ là e vede che cosa raccoglie”.
Era proprio la prima newsletter. In questa settimana abbiamo due priorità:
Riposarci dal lavoro duro che abbiamo affrontato finora. Non so tu, ma io sono a pezzi.
Riflettere su quanto fatto e pensare ai miglioramenti e agli “aggiustamenti” di tiro.
Riposare la mente non è una faccenda così semplice per noi insegnanti. In genere, succede che nelle pause didattiche, quando dovremmo ritemprare corpo e anima, ci dedichiamo ad ottemperare a mille faccende, occupiamo la mente con mille pensieri, che sempre ci riportano alle mille preoccupazioni legate alla scuola. E finisce così che riprendiamo più stanchi di prima.
Per poterci riposare bisogna introdurre nella pesantezza del “non ce la faccio più”, una nota positiva. Anche legata alla scuola, perché no?, anzi sarebbe perfetto, perché il lasciar spazio a qualcosa di leggero introduce la possibilità del rilassamento nel coacervo di stress scolastico.
Venerdì sono stata a Sfide. La scuola di tutti, giunta ormai alla settima edizione all’interno di “Fa’ la cosa giusta”. Ho partecipato ad incontri ben strutturati e ben condotti (tre su tre!), ho incontrato Simona Butò, in arte @epea.pteroenta, la mia omonima dal vivo (che però è esattamente come è sui social ed è una cosa impagabile e scrive delle riflessioni meravigliose in cui ogni volta mi perdo perciò ti invito ad iscriverti), ho imparato tanto e spero di avere la fortuna di mantenere i contatti con le persone che ho avuto modo di conoscere.
Tra i tanti spiragli in particolare ammetto che sono rimasta affascinata dalla figura di Alberto Manzi, tratteggiata magistralmente da Roberto Farnè.
La forza della sua (di Manzi) “disobbedienza” responsabile mi ha davvero catturata. Conoscevo, come tutti, la figura del maestro “televisivo”, quello di “Non è mai troppo tardi”, il più grande esperimento, ha sintetizzato meravigliosamente Farnè, di “didattica a distanza”, ben prima del Covid. Il materiale raccolto nel tempo dal Centro Alberto Manzi di Bologna è impressionante, ma la testimonianza diretta di chi, come Farnè, lo ha conosciuto e intervistato è avvincente.
Farnè racconta che il maestro Manzi provocava la domanda e ogni domanda ne apriva molte altre, sfidava i suoi studenti a spiegare e ragionare, credeva fortemente che l’esperienza vive nelle trame di linguaggio e pensiero. Tutto per lui era una sfida: come faccio a portare quel bambino a formarsi un’idea sua?
Alberto Manzi non aveva il talento di un comunicatore tv quando studiava Scienze naturali,
“Facendo la guerra, poi, ho scoperto che tante cose per cui si pensava valesse la pena vivere erano solo delle falsità. […] Soprattutto dopo l’esperienza della guerra, l’idea fissa che avevo era di aiutare i ragazzi. […] rinnovare un po’ la scuola, per cambiare certe cose che non mi piacevano”.
(Dall’intervista videoregistrata del 13 giugno 1997, rilasciata a Roberto Farné e interamente trascritta in: E. Morgagni (a cura di), Adolescenti e dispersione scolastica, Carocci, Roma 1998).
Un dubbio si annida fastidiosamente nelle zone semibuie della mia testa: e se non si nascesse con un’idea precisa di ciò che si diventerà, ma si lavora per diventarlo?
Vi è una succosa aneddotica su chi agli inizi è stato valutato meno di niente e poi dopo è acclamato come divinità indiscussa nella sua arte.
Questo pensiero mi gironzola in testa da tempo, ma quando ho letto Mindset, di Carol Dweck, ho capito di non essere una totale visionaria (qua puoi trovare una review del libro). C’è un modo di pensare all’intelligenza come qualcosa che è data una volta per tutte all’inizio e che o ce l’hai o non ce l’hai. L’autrice propone l'esempio delle carte: noi viviamo con un mazzo di carte, che sono le risorse che abbiamo a disposizione, ma non sono così per sempre. Le carte sono solo il punto di partenza, è il gioco che dirà chi avrà più o meno carte alla fine. Secondo la Dweck, il mindset statico agisce e si muove sulla base o nel timore di come sono giudicato; il mindset dinamico invece si preoccupa di come migliorarsi. Sono due modi di vedere le proprie capacità: in quello statico, come qualcosa di definito che necessita solo di essere dimostrato; in quello dinamico come qualcosa di mutevole che può essere sviluppato con l’apprendimento. Un modo per riconoscere la forma mentis statica è la continua ricerca, quasi l’ossessione per l’elogio, il quale conferma la convinzione di sentirsi superiori agli altri. Di conseguenza non è capace di accettare rifiuti o fallimenti o giudizi negativi.
Ora io mi sono permessa di fare una ricerca amatoriale su personaggi famosi a vario titolo che sono stati rifiutati o giudicati negativamente all’inizio della loro carriera, e questo è quello che ho trovato senza neanche scavare tanto.
J.K. Rowling ha ricevuto numerosi rifiuti dalle case editrici. Le è stato detto che non avrebbe mai guadagnato soldi scrivendo libri per bambini.
Steven Spielberg è stato rifiutato più volte dalla Scuola di Cinema, Televisione e Teatro dell'Università della California del Sud a causa delle sue scarse votazioni.
Oprah Winfrey è stata licenziata dal suo primo lavoro come co-conduttrice di un notiziario serale, con la motivazione che non era adatta per la televisione.
Albert Einstein ha affrontato diverse difficoltà nella sua gioventù, inclusi i rifiuti accademici. Fu addirittura definito lento nello sviluppo da alcuni dei suoi insegnanti. E aveva 5 in matematica (sono state pure pubblicate le pagelle)
Elvis Presley, prima di diventare il "Re del Rock and Roll", gli fu detto dopo una delle sue prime esibizioni al Grand Ole Opry che avrebbe fatto meglio a tornare a guidare i camion, che era il suo lavoro prima di diventare un cantante.
Stephen King. Il suo primo romanzo, "Carrie", fu rifiutato 30 volte. King gettò il manoscritto nella spazzatura, ma sua moglie lo tirò fuori e lo incoraggiò a non arrendersi. "Carrie" divenne poi un successo, lanciando la sua carriera di scrittore.
L'ideatore della catena KFC (Kentucky Fried Chicken), Colonel Harland Sanders, è un altro esemplare di successo raggiunto dopo numerosi rifiuti. La sua storia è particolarmente ispiratrice. Dopo aver chiuso il suo ristorante a causa della costruzione di un'autostrada che ne deviava il traffico, decise di vendere la sua ricetta segreta di pollo fritto. Sanders si presentò di persona a più di 1.000 ristoranti in tutto il paese, cercando di convincerli a adottare la sua ricetta, ricevendo un "no" dopo l'altro. Fu solo dopo numerosi tentativi che finalmente ottenne il suo primo "sì", dando inizio a quello che diventerà un impero globale del fast food.
Thomas Edison: Prima di diventare famoso come inventore della lampadina elettrica e di molte altre invenzioni rivoluzionarie, Edison sperimentò migliaia di fallimenti. È celebre la sua frase: "Non ho fallito. Ho solo trovato 10.000 soluzioni che non funzionano.”
Walt Disney fu licenziato da un giornale con l'accusa di "mancanza di immaginazione e buone idee". Inoltre, il suo primo studio di animazione andò in bancarotta.
Vincent Van Gogh vendette solo un quadro durante la sua vita. La sua opera fu largamente ignorata e sottovalutata fino alla sua morte, dopo la quale il suo stile unico e la sua tecnica divennero ampiamente riconosciuti e celebrati.
Meryl Streep fu criticata duramente all'inizio della sua carriera. In un'audizione, il produttore Dino De Laurentiis la definì "troppo brutta" per recitare nel film "King Kong".
Sylvester Stallone affrontò numerose difficoltà e rifiuti. Quando scrisse la sceneggiatura di "Rocky", gli fu offerta una grande somma per i diritti, ma solo a condizione che lui non recitasse nel film. Stallone rifiutò finché non gli fu data l'opportunità di interpretare il ruolo principale, che lo portò alla fama.
Michael Jordan siamo d’accordo sul fatto che sia considerato il più grande giocatore di basket di tutti i tempi? Bene, Jordan fu tagliato dalla squadra di basket del liceo perché considerato troppo basso. Questo rifiuto lo motivò a lavorare più duramente, portandolo a vincere sei campionati NBA e a diventare una leggenda dello sport.
Tom Brady, uno dei quarterback più titolati nella storia della NFL, fu selezionato solo nel sesto giro dell'NFL Draft 2000 come 199ª scelta assoluta. Molti team lo giudicarono inadatto per l'NFL. Brady ha dimostrato il contrario, vincendo sette Super Bowl.
I Beatles, la band più famosa del mondo fu rifiutata dalla Decca Records, con il giudizio che "gruppi di chitarre sono in uscita" e "i Beatles non hanno futuro nel mondo dello spettacolo”.
Mi fermo qui, ma l’elenco sarebbe lunghissimo. Anche Montale aveva inclinazione per la musica, ma è diventato un meraviglioso poeta.
Non è il talento o l’inclinazione da scoprire che ci guida verso un destino. È l’impegno in quello che facciamo, la determinazione nel non mollare la sfida. Anche perché spesso quello che facciamo senza sforzo non ci sprona a migliorare o invece, non c’è proprio nulla verso cui siamo portati. C’è una cosa che però è fondamentale per andare avanti: la capacità di trovare significati, che è propria della narrazione.
Ascoltare delle storie, leggerle, subire il fascino di personalità che hanno accettato di sfidarsi e sfidare il modo consueto di vedere le cose: questo squarcia la ristrettezza delle nostre paure. Almeno a me, permette di sentire un altro respiro e rilassarmi in modo attivo e propositivo, disponibile a riconoscere errori e pronto ad aggiustare la direzione.

Consiglio per i pochi giorni di vacanza che verranno: leggere e
raccontare (o raccontarsi) che cosa è stato fatto fino a qui, perché una narrazione che dia significato al lavoro svolto fino a qui è molto preziosa. A me piace scrivere, facendo un po’ il punto della situazione, e mi aiuta. Lo trovo piacevole come una camminata nel fresco della primavera.
Come ti rilasserai in questi giorni?
Buon caffè ☕️
Simona
PS: Di che cosa dovrebbe essere fatto il prossimo trimestre (da aprile a giugno)?
A parte l'emozione (e la commozione!) di leggermi nelle tue parole, questa credo possa essere la newsletter del secolo!!! L'ho divorata, ma ci devo tornare, in giornata e nelle prossime. Un po' di rallentamento lo cerco anche io, nella scuola e nella vita fuori dalla scuola. Inizierò con il prendermi molto tempo per tenere sulle ginocchia i gatti e magari andrò fuori in giardino a tagliuzzare qualche ramo disordinato! Buon riposo riflessivo anche a te 🥰
Ciao Simona: sto lavorando affinché l'ultimo trimestre sia lavoro di riorganizzazione, di connessione, di "connetting the dots". Per me sarà una grande sfida non cadere nella tentazione di "fare" del nuovo prima della chiusura dell'anno. Buona giornata! P. S. I voti di nel sistema scolastico di Einstein andavano da 1 a 5, ma rimane vero che l'accademia l'ha considerato pochissimo: se non mi sbaglio non riuscì neanche a prendere l'abilitazione per insegnare alle superiori, per dire.